Tante case tirate giù in pochi secondi, che lasciano commozione, disperazione e una rabbia profonda.
Non sono venute giù solo le case è venuta giù la storia, la cultura, la bellezza dei luoghi, la bellezza del paesaggio.
Piero D'Errico
Caro Sindaco Cosimo Montagna, il fatto di conoscerLa da così tanto tempo e di aver frequentato insieme a Lei, la stessa sezione e vita politica, non so se mi consente la giusta obbiettività e il giusto distacco nel giudicare le cose. Sarei portato a credere ad ogni Sua parola ma non sarebbe né giusto né onesto.
Parti da casa che è già tardi e tanta gente già dorme. Punti dritto verso quel posto, quel luogo, quella discoteca di cui si è parlato in spiaggia tutta la mattina. Dici no a quel ragazzo del Senegal che ti vuole vendere qualcosa e via anche a tutti gli altri che sono in fila e che man mano ti chiedono se vuoi qualcosa dei loro prodotti.
Sara 19 anni, George uno in più. Stessa scuola, stesso corso di studi universitario. Fu colpa del penultimo anno di liceo classico se i loro sguardi si incontrarono e poi si frequentarono. Sembrava una di quelle poche storie che non doveva finire mai e, invece, qualche anno dopo George era impegnato a studiare le parole che
Stavo tranquillamente raccogliendo le firme per indire un referendum sulla “BREXIT” della mia città dall’Italia, per poi proporre di farla diventare un allegro paese del Camerun quando fui raggiunto dalla tragica notizia della caduta del governo cittadino.-Il solito Peppino – pensai.
Se non ricordo male correva l’anno 2028 o forse il 2029 e noi ultimi sopravvissuti tutti intorno agli 80 anni, eravamo impegnati ad organizzare una delle solite “rimpatriate”, forse l’ultima, dopo più di 10 anni dalla precedente. Quella volta decidemmo di celebrarla in un villaggio, un villaggio “all inclusive” della Basilicata.
Magicamente quando arrivava maggio, si cominciavano a vedere porte e finestre aperte. Si cominciava a fare qualche lavoro di potatura a piante e siepi, oppure si imbiancavano le parti esterne o le stanze interne. Insomma si preparavano e si pulivano, poi dopo la festa patronale eravamo tutti nelle case di villeggiatura o di lavoro.
Difficile non ricordare quei sorrisi forzati, quei sorrisi smorzati, quegli sguardi che sembravano voler guardare altrove, quell’aria un po’ triste e un po’ preoccupata che girava in casa. La “firma” che l’INPS erogava era finita e di lavoro neanche un po’.
A volte mi chiedo perché, un fratello così, doveva capitare proprio a me.
E sicuramente lui si starà facendo la stessa precisa domanda.
Io di sinistra, lui di destra.
Io del Milan, lui Juve e via a litigare per un rigore concesso con troppa facilità alla sua squadra e negato con la stessa facilità alla mia squadra.
Era così nera che di sera neanche si vedeva ed era solo l’inizio di quell’ondata migratoria che, da lì a breve, sarebbe scoppiata. Capelli raccolti e occhi tristi e tanta voglia di liberarsi da quella condizione di “schiavitù”, tanta voglia di liberarsi di quelle infinite ore di lavoro, lavorate per pochi spiccioli e con disumana fatica.
La nevicata era stata così abbondante che neanche i più “vecchi” ricordavano una uguale. Guardavo dalla finestra la neve che pian piano copriva ogni cosa tutt’intorno, sino a farla sparire. Le strade erano già un manto bianco tagliato solo dalle ruote di qualche bici che passava o attraversate dalle orme lasciate dagli scarponi di qualche passante infreddolito che tornava a casa.
Ci trovavamo lì tutti i giorni, solita ora, un po’ prima di iniziare a fare i compiti e poi a compiti “finiti”. Prendevamo un “caffè”, una gassosa o un gelato e passavamo ore a parlare delle nostre giornate, dei nostri sogni, delle nostre avventure. Arrivavamo dalle case sparse tutt’intorno a quel caffè a piedi, era la nostra meta, il nostro svago, la nostra libertà.
Ho fatto colpo - ripetevo continuamente a me stesso. Avevo più volte incrociato lo sguardo di una compagna di classe che era seduta al banco sulla mia destra e la cosa non mi dispiaceva affatto considerato il mio nascosto interesse per lei. Anzi – mi facilita il compito - pensavo e nel frattempo inventavo frasi, parole e forze anche musica per dichiarare un qualcosa che andava oltre l’amicizia.
La sala era gremita e quando presi la parola c’era un silenzio di tomba. Dovevo solo, facendo finta di non leggere gli appunti, parlare per una diecina di minuti, anche meno, dire delle cose che conoscevo benissimo ma che se fossi stato tradito dall’emozione, avrei letto e basta.
L’improvvisa preoccupazione di non aver più una “vita davanti”, e che quindi non bisognava sprecare neanche un attimo, fece si che molto spesso non cenasse, né pranzasse più a casa. Ogni volta un posto diverso, un luogo diverso, un sapore diverso, nei punti più strani e più lontani.
-Vado per un po’ - mi disse abbracciandomi. Eravamo amici, ma che dico amici, eravamo fratelli, elementari, medie e superiori insieme. Per giunta vicini di casa e per giunta i nostri genitori amici. Poche volte avevamo avuto accese discussioni eppure eravamo così diversi. Io timido e noioso, lui sfacciato e divertente. A scuola più o meno gli stessi voti. Non era “bravo” nessuno dei due.
Si spense così, in un triste mattino di primavera. Un mattino che sembrava come tanti ma che modificò e non di poco tutti i giorni e tutti gli anni che seguirono. Stranamente quella mattina m’ero svegliato molto presto e molto presto ero uscito da casa. Quando mi chiamarono era tutto già successo, neanche il tempo di una parola, uno sguardo, un saluto.
A quest’ora avrei chiuso “bottega”, giusto pochi passi per arrivare alla macchina e poi la solita strada, girando intorno alla villa, prima di andare dritto verso il Rione Italia. Passando avrei dato un’occhiata in qualche bar o a qualche vetrina ancora accesa.
Mi capitava di incontrarlo al solito posto, seduto su un muretto, sguardo rivolto al mare in “quell’ultimo sole” di un malinconico autunno che si spostava per lasciar passare un minaccioso inverno. Io ero lì per la stessa ragione, per godermi quei giorni di “ultimo sole”, seduto davanti a un bar a leggere il giornale, salutare qualche amico, chiacchierare.
Mannaggia al tempo che passa, tra una settimana saranno 80 e sono certo che qualche persona aspetterà un invito, una telefonata. Ognuno mi porterà un pensiero, un pigiama, un gilet, un dopobarba o chissà che, ed io dovrò preparare qualcosa, qualcosa da assaggiare, qualcosa per festeggiare. Poi la torta, otto candeline che spegnerò con un “solo soffio”