Le parole che volevi sentir dire
Si spense così, in un triste mattino di primavera. Un mattino che sembrava come tanti ma che modificò e non di poco tutti i giorni e tutti gli anni che seguirono. Stranamente quella mattina m’ero svegliato molto presto e molto presto ero uscito da casa. Quando mi chiamarono era tutto già successo, neanche il tempo di una parola, uno sguardo, un saluto.
Era successo tutto velocemente, all’improvviso, dolcemente. Di tutto quel che successe quel giorno e il giorno dopo, restano solo immagini sbiadite, ma non dal tempo, immagini sbiadite dal dolore, dalla rabbia, dalla disperazione.
Avevo poco più di 20 anni, ero contento, avevo cominciato a lavorare da poco e quel poco che avevo mi bastava. Mia madre ancora giovane, una casalinga paziente ed amorosa, mai arrabbiata, mai scontrosa, con quei suoi discorsi popolari e convincenti, con quelle lunghe chiacchierate con le sue amiche del cuore, quasi tutte vicine di casa. Mai un viaggio, mai una spesa inutile, mai un divertimento, ma erano altri tempi, era così, era normale. Non chiedeva nulla, né desiderava nulla, noi figli eravamo tutto per lei. Ci mancò per sempre la sua presenza, ci mancarono le sue attenzioni, le sue preoccupazioni, i suoi preparativi quando arrivava il Natale, un piatto caldo appena pronto a tavola, anche quando facevamo molto tardi.
Ci mancarono quei consigli appassionati, quei racconti dei tanti fatti che succedevano nel nostro quartiere. Eravamo devastati dentro ma ostentavamo una forzata normalità, evitavamo argomenti, evitavamo di parlarne, ma nel buio dei nostri pensieri non facevamo altro e nel buio delle nostre notti trovammo a lungo il cuscino bagnato.
Non ebbi il tempo di fare tante cose, avrei voluto portarla al mare, portarla un po’ in giro, ma a volte pensi di avere quel tempo che non hai, che all’improvviso non hai più. Ed io non potevo immaginare, non avevo mai pensato di non avere più tempo davanti. Ogni “fine” lascia sempre qualcosa in sospeso, lascia sempre qualche dubbio. Pensi di non aver fatto abbastanza, non aver fatto qualcosa o anche aver trascurato qualcosa. Ti assilla sempre qualcosa che ricordi solo tu, una colpa che ricordi solo tu, una risposta sbagliata, una raccomandazione contestata, un ritardo non avvisato. Magari un chiarimento che non hai fatto in tempo a spiegare, qualcosa che t’è rimasta in gola, qualcosa che avresti voluto dire. Trasformi tratti di un normale confronto familiare in immotivati rimorsi, in impropri pentimenti. E’ la vita, comincia e finisce. O forse no, forse non finisce o almeno voglio illudermi che sia così, che magari un giorno ci si incontri di nuovo, tanti abbracci, lunghi abbracci, mille parole per raccontarci, chiarire un qualcosa. Magari, per quel pensiero insistente di non aver fatto abbastanza, chiedere: “SCUSA”.
Sentirsi dire: “ E DI CHE?” Quelle parole che volevi sentirti dire.
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