La solita serata
A quest’ora avrei chiuso “bottega”, giusto pochi passi per arrivare alla macchina e poi la solita strada, girando intorno alla villa, prima di andare dritto verso il Rione Italia. Passando avrei dato un’occhiata in qualche bar o a qualche vetrina ancora accesa. Durante il tratto di strada per arrivare a casa avrei sicuramente pensato – che ci sarà di buono da mangiare – oppure- che ci sarà in TV -.
Poi avrei parcheggiato poco distante e sarei salito a casa. Quando l’orologio avrebbe segnato mezzanotte o poco più mi sarei trovato già sotto le coperte a dormire o a pensare, non prima di aver “puntato” la sveglia alle sette per alzarmi, forse, alle sette e mezza. Insomma avrei passato la “solita serata” . Ma perché dico “avrei”.
Dopo tanta insistenza, quel fine settimana un po’ allungato, andavo a trovare dei parenti che stavano lontano.
Ero su un treno che sfrecciava nella notte, occhi sbarrati che osservavano il buio e a fatica notavano gli alberi piegati dal vento. Di tanto in tanto il rumore del treno che si infilava in una galleria o il rumore del treno che fermava in una stazione.
Quasi nessuno saliva, quasi nessuno scendeva. Poi il fischio del “via” del capostazione e il treno ripartiva attraversando un tratto di città deserta.
-Dormono quasi tutti – pensavo – ma qualcuno lavora già, qualcuno si sveglierà tra un po’ , qualche altro partirà tra un po’.- E intanto il treno correva sempre più veloce nella notte, sfidando il freddo e la neve.
Saremmo arrivati a breve in una stazione importante, avrei visto un po’ di movimento, sentito un po’ di voci, di saluti e di abbracci. Avrei sentito chiudere gli sportelli del treno e di nuovo il fischio di partenza.
M’era sembrato di non avere sonno, di non riuscire a dormire e invece no, mi appisolai pian piano e non ci fu rumore all’”altezza” di svegliarmi.
Mi svegliai, colpa di uno starnuto, che era già alba, un’alba cupa e grigia come il fumo del treno. Ero quasi a destinazione, lo capivo dalla stanchezza e dalla noia.
Ci voleva un caffè, e magari “non solo” il caffè, mi sarei fermato al primo bar.
Una volta arrivato in stazione, mancava appena un quarto d’ora per arrivare a destinazione, a casa dei miei parenti.
Alle otto e trenta di quel mattino come tanti, il treno si inchiodò in quella stazione centrale di quella città, puntuale come poche altre volte. Ed io a scendere giù pacchi, pacchetti, borse e valigie.
Scesi dal treno che ero stravolto, quasi barcollavo, l’aria era gelida e tagliente, le colline tutt’intorno imbiancate e qualche fiocco di neve già si poggiava sul mio berretto.
Mi accorsi quasi subito che quella torta di mele, fatta in casa con tanta cura e tanto amore, e che avevo promesso avrei fatto arrivare tutta intera a destinazione, era a pezzi.
Ero frastornato,
ero incazzato,
ero arrivato.
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