Il caffè della giovinezza perduta

Ci trovavamo lì tutti i giorni, solita ora, un po’ prima di iniziare a fare i compiti e poi a compiti “finiti”. Prendevamo un “caffè”, una gassosa o un gelato e passavamo ore a parlare delle nostre giornate, dei nostri sogni, delle nostre avventure. Arrivavamo dalle case sparse tutt’intorno a quel caffè a piedi, era la nostra meta, il nostro svago, la nostra libertà.
Quel caffè era sobrio e umido, un’insegna con qualche lettera spenta lo indicava , il colore era fucsia un po’ sbiadito.  Ci raccontavamo tutto di noi, a volte delle nostre famiglie e restavamo ancora a lungo quando quell’insegna si spegneva e il barista salutava e andava via.
Noi ci salutavamo verso le dieci, ci saremmo rivisti l’indomani a scuola o forse ci saremmo incontrati  lungo la strada che portava a scuola.
Intanto il tempo inesorabilmente passava ma in quel caffè ci continuavano a trovare, avevano rifatto solo l’insegna e aggiunto un frigo di gelati confezionati “Eldorado”, ma tutto il resto era rimasto uguale.
Avevamo noi cambiato un po’ gli orari e anche un po’ le abitudini, la sera si faceva più tardi ma era sempre lì il nostro appuntamento, il nostro ritrovo. Il tempo però non si fermava e qualcuno cominciò ad arrivare in macchina, e poi più d’uno e poi quasi tutti. Tempo, famiglia, lavoro e impegni ci facevano incontrare meno ma non passava giorno senza fare un salto in quel caffè anche in orari diversi. E’ lì che siamo cresciuti, è lì che siamo invecchiati, è lì che ci siamo visti invecchiare. Lì abbiamo discusso di  scuola e di calcio, di sogni e di sbagli.
Ci troviamo ancora oggi, ogni tanto tutti insieme “quelli di allora”, quella generazione di quel quartiere. Siamo un po’ invecchiati, un po’ ingrassati, un po’ imbiancati e le volte che ci troviamo ci raccontiamo un po’ della nostra vita, del nostro da fare, delle nostre giornate,  poi inevitabilmente il pensiero ed i discorsi tornano sempre ai tempi della nostra giovinezza, le prime bugie, le prime passioni.
Qualcuno nel frattempo ha girato il mondo, è stato in posti strani e lontani ma è lì puntuale come allora in quel caffè un po’ rimodernato, quasi affollato, con le sue specialità, le sue golosità. E noi lì davanti a parlare come allora, come se il tempo non fosse passato, come se il tempo si fosse fermato.
Non togliemmo mai dai nostri discorsi quel pizzico di illusione che faceva dei nostri anni “i migliori” forse perché avevamo ragione o forse perché non avevamo vissuto “le bellezze” successive.
Noi eravamo convinti, e via  uno alla volta a criticare, a sminuire, tutto quanto arrivato dopo.
Resta ancora il caffè dei ricordi, dei nostri segreti, della nostra gioia, della nostra noia.
Resta ancora  il nostro rifugio, la nostra salvezza, la nostra giovinezza.

Lunedì, 9 Maggio, 2016 - 00:05