"Per votare mi turerò il naso ma voterò!"

In tanti anni, non ho mai avuto tanti dubbi nell’andare a votare come questa volta. Una settimana prima del voto brancolo ancora nella fitta nebbia dell’incertezza. Sento come sempre il dovere di andare a votare e mai vorrei cedere alla tentazione di astenermi dal voto: sarebbe un tradimento nei confronti delle mie più profonde convinzioni, che riguardano gli elementari doveri del vivere civile. Quindi andrò a votare. Entrerò come sempre nella cabina elettorale, aprirò la scheda e cercherò un simbolo, un nome che ispiri fiducia. Fiducia, che parola grossa.
Perché ho sempre più la sensazione che nessuno meriti la mia fiducia? Perché ho sempre più la sensazione che la politica sia diventata niente più che una rappresentazione teatrale?
Perché più ascolto i nostri politici e più ho l’impressione che recitino un copione, stabilito a tavolino come per un reality, in cui si è deciso a monte che quello che si dirà sarà, né più né meno, quello che il pubblico vuole sentir dire?
Volete sentirvi dire che abbasseremo le tasse? E noi ve lo diciamo. Volete sentirvi dire che manderemo a casa gli extracomunitari? Ecco fatto. Volete che vi promettiamo una scuola migliore, una sanità più efficiente? Fatto.  Quanto vale una promessa elettorale? Zero!
Perché non riesco a credere a nessuna di quelle che suonano come delle grandissime prese per…  Forse perché ho sessant’anni e tante ne ho viste, fino al punto che, più che guardare in faccia i nostri politici, mi viene spontaneo vedere attraverso le loro finte “buone intenzioni”. Sento un tanfo che assomiglia al più scontato desiderio di potere, che va ben oltre le nostre ingenue speranze, tradite da solite false promesse. Va piuttosto verso progetti che si realizzano a nostra insaputa, sulle nostre teste, assecondando logiche economiche di portata mondiale, che si servono della politica per legittimare situazioni che sembrano inevitabili, ma sono invece determinate con precisione chirurgica.  La rotta punta sempre più verso una politica serva dei giganteschi capitali. Esattamente l’opposto di quello che dovrebbe essere. Il profitto e l’andamento delle borse dettano legge al di sopra di ogni altra considerazione.
Allora mi chiedo se abbia più un senso parlare di destra e di sinistra, o se non si vada inesorabilmente verso un enorme, informe minestrone, dove tutto viene triturato, mescolato, amalgamato per essere più facilmente digerito.
Andrò a votare ma con la convinzione che il mio voto non farà la differenza e che il mio segno su uno dei simboli della scheda elettorale avrà valore solo per me stessa, perché possa conservare il rispetto verso un diritto acquisito con lotte dure, ispirate da valori autentici. Davvero, questa volta, per votare mi turerò il naso!

 

Giovedì, 1 Marzo, 2018 - 00:07