Una moneta per sfruttare l'Africa

Tutto è cominciato con il viaggio del Papa in Africa, nei paesi più poveri del mondo. Dopo aver toccato con mano, da vescovo, nella sua Argentina, la miseria delle periferie, il degrado, la mancanza di dignità che la povertà porta con sé, certo non poteva mancare al suo appuntamento con l’Africa. E nonostante i pareri discordanti, circa la sua partenza poco dopo gli attentati terroristici in Francia, lui è partito comunque, dichiarando di avere più paura delle zanzare ché dei terroristi.
L’accoglienza è stata entusiasmante, il Papa non ha posto alcun filtro tra la sua persona e le migliaia di fedeli che hanno partecipato ai vari incontri svoltisi in tre giornate memorabili. Per quello che ho potuto, ho seguito anche io le tappe del viaggio dI Francesco e mentre godevo di quella festa, mi chiedevo perché in noi occidentali è così radicata la convinzione che l’Africa sia sinonimo di povertà, perché diamo per scontato questo “destino” ineluttabile dei tanti popoli di questo immenso continente, come se ci fosse una maledizione a cui loro non possono sottrarsi.
E’ stato davvero sconcertante scoprire una realtà che poco ha a che fare col così detto destino, ma che invece è la diretta conseguenza della strana convinzione dei “paesi ricchi” secondo cui il proprio diritto allo sfruttamento dei “paesi poveri” sia legittimo e debba continuare ad esistere all’infinito.
Lo sfortunato destino di ben quattordici paesi del Centro Africa è legato alla disgrazia di essere ex colonie francesi. Il colonialismo francese è finito con la dichiarazione di indipendenza delle colonie nel lontano 1946, ma solo sulla carta, visto che gli effetti economici di una vera e propria occupazione coloniale continuano ancora oggi sotto gli occhi di tutti. La moneta di questi paesi come  Benin, Burkina Faso, Mali, Costa d’Avorio, Niger ecc.,  è il FCFA (Franco delle Colonie Francesi in Africa), moneta nata con la scusa poco credibile di creare uno sviluppo economico armonico tra i vari paesi, agevolare il commercio interno e rendere stabile la valuta verso i paesi esteri. Ma quanto costa tutto questo?
La percentuale scandalosa del 65% delle riserve valutarie di questi paesi africani, per accordi risalenti al 1945, è amministrata direttamente dalla Francia. Ciò significa che per ogni operazione finanziaria che frutti 1000 franchi, 650 franchi arrivano direttamente in Francia per essere gestiti dalla Banca Centrale di Parigi, che risponde solo al ministro del Tesoro francese e a nessun altro ente europeo.  Nel momento in cui è stato introdotto l’Euro in Europa, molti paesi, soprattutto dell’Europa del nord hanno protestato per questo che a tutti è sembrato un sopruso, ma niente è cambiato: l’economia della Francia continua ad essere sorretta da questo antistorico sfruttamento dell’Africa, sotto il naso dell’intera Europa che resta a guardare.

Alla luce di questa verità a me sconosciuta fino a pochi giorni fa, cambia molto il punto di vista su come la problematica sociale a livello mondiale venga affrontata da noi occidentali. Quando i francesi dicono “è meglio aiutare gli extracomunitari nei loro paesi per evitare l’esodo verso l’Europa” sanno veramente di cosa stanno parlando? Quando l’Italia si impegna fino allo spasimo per accogliere i migranti che arrivano a Lampedusa rischiando la vita su barconi fatiscenti, e viene lasciata sola in questo compito arduo e dispendiosissimo, il resto d’Europa, Francia compresa, che fa?
Quanta disgustosa ipocrisia viene a galla quando quei barconi affondano portandosi dietro vite preziose a cui è stata negata ogni possibilità di riscatto soprattutto nei loro stessi paesi d’origine. Eppure basterebbe che fosse consentito loro di battere moneta come qualunque altro paese sovrano ed indipendente, e regolare i propri rapporti economici con l’estero senza l’interferenza di uno stato “tutore” che di fatto mangia più della metà della torta.
Questa realtà sconcertante che non ci viene raccontata, ma che è molto ben conosciuta dai governi dei vari stati, deve sembrare scandalosa agli occhi di chi, come Papa Francesco, non fa un distinguo tra bianchi e neri, tra europei e africani, tra sud e nord del mondo, ma al contrario conosce la differenza tra sfruttatori e sfruttati, tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Tra ricchi di una ricchezza immeritata e poveri di una povertà incolpevole.

 

 

 

 

 

Sabato, 5 Dicembre, 2015 - 00:06