"Troveremo i rimedi per ridurre il rischio ambientale"

Dopo la presentazione del report sui tumori il coordinatore del Centro salute ambiente per il Salento (Csa), Giovanni De Filippis risponde alle domande di Salute Salento

L’allarme salute è lanciato. Sindaci e politici chiedono al Parlamento tavoli interistituzionali e controlli in continuo.  Per non ingenerare “allarmismo” l’allarme deve riguardare le criticità «vere», quelle che sono emerse dai dati scientifici del Report presentato lunedì scorso a Lecce. Nella sacrosanta crociata che il Salento si accinge ad intraprendere, lo stesso governatore Emiliano ha chiarito che vuole essere «supportato dai dati scientifici».
Bisognerebbe perciò evitare di allarmare il territorio per una manciata di Becquerel in più nelle emissioni naturali di radon, rilevato in qualche scuola e in una dozzina di abitazioni di una decina di comuni. Con facili accorgimenti la bonifica è a portata di mano. Del resto il Salento convive con il radon da secoli. Come Viterbo con l’arsenico e i fluoruri nell’acqua della rete idrica.
Piuttosto, perché nel Report non vi è traccia di tabelle delle zone vulnerabili da nitrati in eccesso nelle falde a nord ovest di Nardò e a Lecce, Trepuzzi, Surbo, Galatina, Salve, Taviano, Muro Leccese, Cutrofiano, Racale, Presicce, Collepasso e Arnesano?

Salute Salento www.salutesalento.it  ha chiesto al coordinatore del Centro salute ambiente per il Salento (Csa), Giovanni De Filippis, “cosa è emerso dallo studio delle matrici nella nostra provincia?”
«Emerge che nel Leccese abbiamo un danno sanitario conclamato. Ci riferiamo alla maggiore incidenza dei tumori polmonari e vescicali nei maschi. Un danno a fronte del quale le informazioni ambientali ci danno una serie di indicazioni, ma ci invitano ad approfondire diversi ambiti, soprattutto con riferimento alle ricadute di Cerano e di Taranto. Ricadute che è dimostrato che ci sono. Si tratta di quantificarle e di qualificarle in termini di composizione, per capire se possono giocare qualche ruolo nella eziologia delle patologie neoplastiche di cui siamo a conoscenza».
Lei ha parlato anche di criticità per la matrice «acqua»?
Anche per quanto riguarda la gestione della risorsa idrica, che si è dimostrata particolarmente vulnerabile, si dovranno prendere delle iniziative. La nostra falda è molto fragile e quindi è una criticità strettamente correlata con i livelli di salute dei cittadini.
La terza criticità, quella che riguarda il «suolo» e i fanghi dei depuratori?
C’ è un problema relativo alla difesa del suolo, che deve essere tutelato dalla presenza delle discariche e da una serie di pratiche che possono essere pericolose, anche in relazione all’uso dei fanghi di depurazione, che spesso non sono adeguatamente controllati, per cui si corre il rischio che le sostanze tossiche possano entrare nel ciclo alimentare.
C’è una relazione fra quello che è emerso e i “cluster” di maggiore incidenza tumorale in alcune aree della provincia?
«Secondo la Asl non si può escludere una relazione, ma non è nostro compito svolgere ulteriori accertamenti ambientali. Però il Csa regionale e leccese sono stati finanziati anche per svolgere questo tipo di approfondimenti che saranno fatti. Alla fine di questo percorso arriveremo non tanto ad individuare un colpevole, ma ai provvedimenti per ridurre il rischio ambientale».
Come procederà il Csa salentino?
«Con l’implementazione di tutte le attività che sono state programmate tra cui anche quelle della valutazione del rischio di impatto del particolato (Pm 10 e Pm 2,5) sulla popolazione, in particolare giovanile. Lo studio epidemiologico (Protos)  è già partito e individueremo altri approfondimenti nella zona “cluster” circoscritta dal report».

 

Domenica, 21 Febbraio, 2016 - 00:05