Se tu oggi fossi qui..
Auguri, don Giuseppe. Cent'anni di confronto con la storia, una chiamata alla quale hai risposto con tutto te stesso quando eri in vita. Chiamata alla quale stai rispondendo ancora, lasciando in eredità a noi l'obbligo di costruire uno Stato che punti alla felicità dell'uomo.
Avrei voluto stringerti la mano e scorgere i conflitti del tuo animo sul tuo volto. Ma il tempo mi ha concesso modi diversi per incontrarti.
Ti ho incontrato in occhi che non sono i tuoi, ma hanno tutte le sfumature del tuo sguardo. Sguardo "sempre in ricerca eppure sempre in pace", come hanno fatto riecheggiare gli interventi di uomini di politica e di cultura durante la cerimonia che nei giorni scorsi intitolava a te la sede universitaria di via Allegri a Reggio Emilia. Il sindaco Del Rio ha sottolineato il magnetismo che hai avuto sui giovani, quei giovani che oggi sembrano così lontani dal fervore del tuo rigore e della tua disciplina.
Ti ho incontrato nelle parole che ieri nella Sala della Regina a Montecitorio, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, chi ti ha conosciuto, direttamente o indirettamente, ha voluto citare. Parole di un uomo il cui pensiero, "se attecchisce, è capace di fermentare". Nella successione dei discorsi, i virgolettati ti delineavano meglio di qualunque lode esterna mirata al giurista e al legislatore.
La testimonianza del tuo fervore mi è arrivata dritta come un pugno, senza lasciarsi distrarre dalle presenze autorevoli del presidente della Camera Gianfranco Fini, dei docenti universitari, dei vari ministri e dei vari onorevoli. Il tuo cammino si è sempre fatto guidare dall'idea di un'etica che trascenda la stessa morale cattolica e coinvolga tutti, credenti e non. Come si può, davanti a una tale consapevolezza, dimenticarti, rimuoverti, provare a nasconderti dietro la definizione di un "Dossetti figura controversa"? Qualcuno parla di figura "multiforme" per aggiustare il tiro.
Le riflessioni del presidente emerito della Corte Costituzionale Alfonso Quaranta hanno ribadito quanto tu lottassi per un'impostazione costituzionale che non fosse totalitarista né individualista, ma facesse perno sui valori e la socialità della persona umana che è titolare di diritti che lo Stato non conferisce, ma riconosce.
Dalle domande di Paolo Pombeni, docente all'Univeristà di Bologna, ai ricordi affettuosi del professore Pietro Rescigno che ha voluto dire quanto il tuo apporto da giurista non sia traducibile in un testo, fino al "disarmo delle mentalità chiuse" a cui ha fatto riferimento Alberto Melloni, presidente dell'istituto di Scienze Religiose Giovanni XXIII, invitando tutti a ignorare pure la tua santità, ma non ciò che hai fatto per l'Italia che "senza gli artt. 7 e 8 sarebbe priva di coscienze formate e aspirazioni di giustizia": tutte le celebrazioni per questo nobile centenario hanno provato a riaccendere nella gente la visione di una politica che abbia al centro del proprio operato la dignità del confronto delle culture e un'attenzione, come la tua, alla forza delle ispirazioni ideali che si devono rapportare con il realismo. Per una "tensione verso obiettivi più alti".
Ma oggi ti immagino nei luoghi a te più cari, con la tua Famiglia, nel silenzio dei monti bolognesi che pungola la memoria e fa riflettere. Lì il tuo sorriso stanco ha sempre trovato il soffio rinnovatore della fede. Lì si respira ancora tutta la ricchezza e la nitidezza della tua figura minuta e potente, nei fratelli, nelle sorelle, nella gente che ha nel cuore la tua certezza: non si può separare il rinnovamento civile da quello morale.
Auguri, don Giuseppe.
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