Quando cultura fa rima con sepoltura. Dal Cavallino Bianco al Santalucia

Passeggiando per Lecce, passando accanto al cinema Santa Lucia, tristemente e definitivamente chiuso da qualche giorno, ho sentito queste esatte parole da un anziano signore: "Lo sapevo che sto cinema falliva, proponevano solo film di qualità". Mi sono bloccato come se avessi avuto un crampo ad entrambi i polpacci. Non avevo mai riflettuto sul fatto che la parola cultura faccia rima con sepoltura, eppure ne avevo avuto un assaggio tanti anni fa, quando il Cavallino Bianco, cinema di Galatina, aveva chiuso i battenti lasciandoci fuori da uno dei circuiti della cultura, ripreso poi grazie all’apertura nel nuovo cinema Tartaro.
La qualità dunque. Da cosa è definita a livello cinematografico? Paradossalmente dalla sala semivuota. Un buon film, un film complesso, un film che magari dà da pensare, dev’essere necessariamente per pochi. E non serve chiedersi il motivo, poiché basta andarsi a leggere le classifiche degli incassi per sapere che cosa faccia scoppiare di presenze le sale.
Il primo a capirlo perfettamente è stato il figlio di un uomo che ha vinto 4 oscar. Questo figlio d’arte si è arricchito svilendo completamente il lascito del padre e, da trent’anni, ci perseguita con eruttazioni e flatulenze. Fa film stupidi, ma non è un uomo stupido. Aveva capito già negli anni ottanta da quale parte stava cominciando a soffiare il vento. Ora è milionario. Vuoto, ma milionario.
E così, il Santa Lucia chiude gli occhi, triste destino con un nome così evocativo.
La qualità è morta, viva la qualità.

Lunedì, 18 Febbraio, 2013 - 00:07