"Non si vive di sola speranza!"

Mi permetto di entrare, quale terzo punto di vista, nel garbato ‘domanda e risposta’ avvenuto tra la signora Anna Martini, docente scolastica, e la signorina Dettù, incaricata a presidiare l’assessorato alla cultura della nostra città; anche se non ho il piacere di conoscerle personalmente. In merito alla questione sollevata dalla signora Anna sono certo che questa o altre amministrazioni non si limiterebbero mai, scientemente o in modo miope e infruttuoso, nel recedere dalla volontà di proseguire le lodevoli attività di formazione civica, promosse dalle amministrazioni che le hanno precedute, e rivolte agli studenti di Galatina di qualsiasi scuola di ordine e grado. E se questo fosse mai avvenuto, come è avvenuto, è solo perché a volte i tempi tecnici per realizzare determinate attività non si sincronizzano con i tempi politici che, come ben sappiamo, hanno una scansione spesso parallela alla vita reale. Ora, fatta questa basilare premessa, il mio terzo punto di vista è quello di genitore con figli nella scuola primaria e secondaria di primo grado, teso sempre a cercare di insegnare ai miei ragazzi quello che la signora Anna ha giustamente esposto, frutto di una sua esperienza sul “campo”. È vero assessore, nasciamo tutti con nel nostro DNA una buona dose di speranza, ma ho capito, vedendo crescere ahimè troppo in fretta i miei figli, che la speranza va nutrita, incoraggiata. La speranza che è forte in ognuno di noi va ‘dimostrata’, perché i miei figli, i nostri figli, per provarla, la speranza vogliono vederla! E come si fa? Come facciamo? Cosa gli mostro, cosa gli mostriamo? I tempi sono cambiati cara signora Anna: prima, spesso, l’insegnante aveva la responsabilità di “EDUCERE” in via esclusiva i suoi alunni; all’insegnante si affidava la coscienza civica dei propri figli in via del tutto esclusiva, perché il livello culturale medio, le occupazioni sociali lasciavano poco spazio per farlo tra le mura domestiche e lo rendevano possibile solo ai ceti più alti. Le insegnanti lavoravano su ‘fogli bianchi’ sui quali tratteggiare dei disegni meravigliosi fatti di personalità, educazione, e conoscenza. Oggi è diverso, i ragazzi sono più seguiti, il livello di istruzione è cresciuto, la comunicazione è cambiata. Spetta a noi genitori nutrire LA SPERANZA. Vede assessore, in una società come la nostra in cui l’immagine la fa da padrone, internet, social, tv; in una società in cui se non vedi, se non ti vedi, non ci sei, io la speranza non la vedo ne qui né altrove, io vedo tutto immobile e la speranza non so mostrarla ai miei figli. Cerco, mi creda, in tutti i modi, ma forse la mia miopia incalza e le giornate uggiose colpiscono anche me. Per carità, lungi la mia dall’essere un’accusa nei confronti di chicchessia. Ma ho paura che la speranza con la quale sono nati i nostri figli, se dovessero continuare a non vederla, verrà archiviata come un file sul computer o una conversazione su whatsapp. Perché i ragazzi di oggi per produrre vogliono vedere chi fa e come lo fa! E le nuovissime generazioni saranno ancora peggio. Vede, la famiglia è il primo nucleo sociale a cui i bambini si approcciano in prima istanza, e io da genitore ho capito che se a mio figlio non “mostro” un comportamento lui non lo capisce, o meglio è molto più semplice agire per far imparare, piuttosto che parlare e fare fiducia sul quel gruzzoletto di speranza che hanno sul groppone. Lo stesso identico approccio usano al di fuori della famiglia, con il mondo esterno: vedono e agiscono. Non mi dilungo oltre. Cerchiamo quindi di mostrargliela questa speranza ai nostri ragazzi, tutti noi, insieme, perché con le nuove generazioni il DNA si evolve e il cromosoma speranza potrebbe proprio essere a rischio. Alla prossima

Martedì, 20 Febbraio, 2018 - 00:07