"Non banalizzare il mal d’orecchi"
E’ di questi giorni il caso del bambino di 7 anni di Fano, morto per un’otite curata dall’omeopatia, anzichè dagli antibiotici. La memoria corre al dicembre 2015 quando nella nostra Asl abbiamo avuto il caso di una giovane mamma leccese, 29 anni, morta a causa di un’otite degenerata per la presenza dello “strepto-pneumococco” e dopo due settimane il caso di un bambino di 5 anni morto il 6 gennaio 2016 sempre per un’otite trascurata o sottovalutata.
Nella circostanza il direttore generale della Asl, Sivana Melli aveva invitato a fare il vaccino antipneumococcico, che tra l'altro – aveva spiegato - è ormai unica dose, a copertura perenne.
Da qui un invito e una lezione per tutti: non banalizzare il mal d’orecchi. Se mal gestita un’otite può portare alla meningite, all’encefalite e alla morte.
Sull’argomento interviene l’infettivologo Paolo Tundo, responsabile del reparto di Infettivologia dell’ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina, il quale richiama l’attenzione sull’ uso «indiscriminato e scorretto di antibiotici, in situazioni nelle quali – avverte - non ce n’è bisogno, a dosaggi e con durate incongrue».
E, con riferimento al caso del bimbo morto all’ospedale di Ancona, aggiunge, «Non vorrei creare inutili allarmismi. A Fano come a Galatina, attenzione all’uso di antibiotici, evitiamo il fai-da-te e facciamo riferimento a medici seri e competenti in materia».
«Questa infezione - chiarisce Tundo - si presenta di solito con sintomi specifici quali dolore auricolare, diminuzione dell’udito, vertigini, febbre ed eventuale secrezione dal canale auricolare. Nei bambini più piccoli la diagnosi può essere più difficile, ma, nella stragrande maggioranza dei casi, sarà sufficiente un’attenta ispezione dell’orecchio per arrivare alla diagnosi. E’importante allora rivolgersi tempestivamente al proprio pediatra, al medico curante oppure ad un otorinolaringoiatra, per gli opportuni provvedimenti terapeutici».
L’otite media acuta è una patologia infettiva a carico della membrana timpanica e delle cellule mastoidee. «Nella maggior parte dei casi questa forma non è grave – ammonisce l’infettivologo della Asl - ma talvolta può avere delle complicanze severe. Essendo solitamente causata da batteri (Streptococcus pneumoniae o pneumococco, Haemophilus influenzae, Moraxella catharralis e Streptococcus pyogenes), la terapia antibiotica può risultare utile, ma non deve essere intrapresa sempre con urgenza. Spesso si può adottare una strategia di “vigile attesa” per 48-72 ore prima di iniziare un trattamento antimicrobico. Se il paziente è stato vaccinato contro lo pneumococco, è molto difficile che l’infezione sia dovuta proprio a questo germe. E questa è un’altra dimostrazione dell’utilità dei vaccini. Questi, come tutti i farmaci, hanno dei potenziali effetti collaterali (bassissimi), ma non bisogna dimenticare – conclude Tundo - il rischio di gravi complicanze o addirittura di morte, legato a quella che può sembrarci la più banale delle malattie, come ad esempio l’influenza o il morbillo».
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