Noi lo salutiamo così, tra le lacrime
Quello che è stato è storia. Ripercorrerla significa far rivivere emozioni che non sempre siamo in grado di sopportare due volte, soprattutto quando hanno uno strascico di dolore. Oggi allora ci fermiamo all'oggi. O ci concediamo al massimo uno sguardo lungimirante e speranzoso al futuro. Ed è tutto lì, in quell'abbraccio tra le lacrime. Il nero del burqa contrasta con i catarifrangenti del giubbino giallo fluo. Ma l'intreccio di commozione annulla ogni distanza.
La donna con il viso coperto è Sabah Knefdi, la giovane signora siriana incinta che, per qualche giorno, è stata ricoverata all'ospedale di Galatina insieme ai due figlioletti, Aisha e Mohamed Elares, tutti e tre superstiti dell'incendio del traghetto Norman Atlantic. L'altra ragazza è Loredana Bianco, della Protezione Civile di Galatina. Insieme a tanti altri colleghi (coordinati dall'infaticabile Vito Murrone sotto la responsabilità di Cesare Pica, tenente dei Vigili Urbani) non ha mai lasciato soli i naufraghi di questo disastro, rendendosi testimone reale di una solidarietà a cui spesso si fa fatica a credere.
"Siete stati gli angeli custodi miei e dei miei figli", ha detto Sabah prima di mettersi in macchina ed essere accompagnata a Brindisi. Lì si è ricongiunta al marito, sceso dalla nave San Giorgio, e tutti insieme ieri sono ripartiti per Zurigo dove vivono.
Noi lo salutiamo così, questo 2014 che ci ha lasciato. Lo salutiamo tra lacrime di gioia, fingendo per un attimo che qualsiasi cosa andata storta in passato non sia stata poi così dura se il 2015 si carica già di un proposito così nobile. Il proposito del bene. Indiscriminato. Vero.
Questo l'augurio che dovremmo covare nel nostro cuore, un augurio antico, portato avanti di anno in anno, di secolo in secolo, ma mai davvero visualizzato come possibile. Nutrito come utopia, forse.
È tempo di renderlo concreto. Di dargli dei volti, dei nomi, dei sorrisi. Iniziamo dai nostri.
Ad maiora!
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Giovedì, 1 Gennaio, 2015 - 00:07