Un innovativo pacemaker impiantato al 'Fazzi'
A darne notizia il dottore Ennio Pisanò, cardiologo, responsabile dell’ambulatorio di Elettrofisiologia del “Vito Fazzi”. «Si tratta di una piccola capsula di circa un centimetro cubo che viene posizionata direttamente nella camera cardiaca – spiega il dottore Pisanò - e che contiene al suo interno tutto l’occorrente per stimolare il cuore. I pacemaker normali sono composti di 2 parti : una batteria che viene posizionata sotto pelle, a livello del petto e i collegamenti con lo stimolatore, tramite dei fili attraverso le vene. La novità – sottolinea Pisanò - è che non c’è bisogno di mettere niente sotto pelle, nè cateteri all’interno delle vene e del cuore. Sono questi i punti deboli del sistema perché si possono rompere e generare infezioni».
Per questa paziente 85enne non c’erano alternative. «La signora aveva una chiara indicazione all’impianto – spiega Pisanò - perché aveva dei blocchi atrio-ventricolari parossistici; ogni tanto il suo cuore si fermava. In seguito a queste sincopi poteva cadere, farsi male e perfino morire».
Nei giorni scorsi i cardiologi dell’ospedale di provenienza avevano incontrato una serie di difficoltà nel tentativo di impiantarle un pacemaker convenzionale. Trasferita al Fazzi, prontamente la Cardiologia diretta dal primario Francesco Magliari, ha chiesto alla direzione sanitaria una deroga urgente per l’acquisto dell’innovativo presidio salvavita (7,5mila euro). Deroga che il direttore Antonio Sanguedolce ha autorizzato con procedura d’urgenza.
«Noi vorremmo avere un certo numero di pacemaker innovativi a disposizione – aggiunge Pisanò - Servono per una nicchia di pazienti selezionati, per indicazioni particolari e da utilizzare in urgenza. Abbiamo già fatto la richiesta in direzione».
Dopo una fase di sperimentazione in pochissimi centri in Europa (in Italia solo 2), questo sistema è disponibile per l’uso clinico solo da pochi mesi. Lecce è stato il 2° centro pubblico in Puglia. Finora il pacemaker innovativo è stato impiantato soltanto al Policlinico di Bari, dal prof. Stefano Favale.
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