L'orologio in realtà non è fermo, basta rileggere Sant'Agostino per convincersi
L’orologio segna tragicamente la sua ora, incomprensibile è la lettura della disposizione delle sue lancette, è fermo per un vezzo umano, ignaro ai ragionamenti del tempo. Qualcuno ha deciso di fermarlo, senza avvertire un minimo di tremore, anzi di orrore per aver interrotto il suo battere le ore e lo scandire i minuti. Stanno cercando in qualche modo di azzerare l’istante per impossessarsi della struttura in cui è ospitato.
Già qualche tempo non troppo lontano alcuni avevano avuto l’idea di possederlo, di manovrarlo a loro piacimento ignorando le regole. Immagini dei suoi meccanismi girano in rete, automatismi tenuti segreti e mai visti in pubblico, perché parti del suo intimo andare. Oggi, chi abusivamente lo controlla e lo assoggetta a sé, cerca uno spazio, dove i suoi adepti possono rendersi visibili nel posto più riconoscibile della città.
Vanità delle vanità, quando impareranno gli uomini a guadagnarsi ciò che desiderano con mezzi leciti?
Come si sentiranno quelle mani che per anni l’hanno curato, oliato, pulito e coccolato?
Che cosa proveranno quelle mani che hanno dato la carica alla sua corda, perché potesse muovere le lancette del tempo?
Le persone, passando sotto il suo quadrante diranno: “sono le ore…”, ma non troveranno responso.
Che cosa diranno i tanti turisti che visiteranno la città quando vedranno le lancette ferme?
A queste domande otterremo risposte?!
Per interpretare i loro sogni dobbiamo interpellare Freud?
No, Caro Vito, occorre Sant'Agostino: "Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so: tuttavia fiduciosamente affermo di sapere che, se nulla passasse, non ci sa rebbe il tempo passato, e se nulla venisse, non ci sarebbe il tempo futuro, e se nulla fosse, non ci sarebbe il tempo presente. Allora quei due tempi, il passato e il futuro,come possono esistere, dal momento che il passato non è più e il futuro non è ancora? Il presente, se ci fosse sempre il pre sente e non diventasse passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve essere tale da trascorrere nel passato, come possiamo dire che anche esso esi ste, se la condizione perché sia è quella di non esserci più, se cioè non possiamo dire veramente che il tempo esiste senon perché tende a non esistere?
Ma come può diminuire o consumarsi il futuro, che non esiste ancora, o come cresce il passato che non esiste più, se non perché nell'anima, che è la causa del fatto, esistono tre forme? Infatti l'anima aspetta, è attenta e ricorda, così che quello che aspetta attraverso quello a cui presta attenzione trascorra in quello che ricorda.
Chi dunque potrebbe negare che il futuro non esiste an cora? Tuttavia nell'animo c'è già l'attesa del futuro. E chi potrebbe negare che il passato non esi ste più? Ma nell'animo c'è ancora la memoria del passato. E chi potrebbe negare che il tempo presente manchi di estensione, poiché passa in un punto?
Ma perdura l'attenzione attraverso la quale quello che sarà presente si affretta ad allontanarsi. Non è dunque lungo il futuro, che non esiste ancora, ma il lungo futuro è la lunga attesa del futuro; non è lungo il passato, che non esiste più, ma il passato lungo è la lunga memoria del passato”. (d.v.)
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