“Io al diabete NON gliela do vinta”
Il 14 novembre è la GMD, ossia la Giornata Mondiale del Diabete, ma già dallo scorso weekend, in tante piazza d’Italia, si sono svolte diverse attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica verso questo problema di salute che investe ben cinque milioni di italiani. Un semplicissimo controllo della glicemia può far scattare un campanello d’allarme che, se ascoltato in tempo, può aiutare ad evidenziare in tempo l’insorgere della malattia e ritardarne o addirittura scongiurarne le conseguenze. Una giusta alimentazione, un sano stile di vita, attività fisica…sono tanti i consigli che si ascoltano in queste giornate e tanti sono i manifesti in cui si legge: “Io al diabete NON gliela do vinta”.
Peccato che accanto a questa importante e lodevole iniziativa non ci sia un po’ di spazio per tutti quelli che al diabete non hanno potuto dire NO, a tutti quei bambini, quelle ragazze e quei ragazzi che, pur avendo stili di vita irreprensibili, pur mangiando cibi sani e senza eccessi, pur avendo sempre fatto attività fisica si sono ritrovati all’improvviso dipendenti dall’insulina perché, da un giorno all’altro, hanno scoperto di avere il diabete di tipo 1. Una malattia “autoimmune” le cui cause ancora sono poco chiare.
E’ difficile capire perché mai due malattie diverse continuino ad avere lo stesso nome, il fatto che si parli comunque di diabete provoca confusione ed equivoci, così può succedere che qualcuno possa stupirsi nel vedere un giovane al bar iniettarsi l’insulina prima di mangiare un gelato, e quel qualcuno può sentirsi autorizzato a fare domande inutili del tipo: “ma le la devi fare sempre?”… “quando guarisci?”… “ ti sei ammalato perché mangiavi troppi dolci ?”…
Purtroppo del diabete di tipo 1 se ne parla poco e non tutti sanno che è una malattia da cui non si guarisce, non viene perché si mangiano tanti dolci, e che l’insulina non è una medicina qualunque, ma un ormone che salva la vita a chi all’improvviso non ne produce più perché la zona del pancreas, preposta a quella specifica funzione, è stata aggredita dal proprio sistema immunitario per un motivo sconosciuto.
Ecco, a vantaggio di tutti i diabetici di tipo 1 sarebbe davvero opportuno, ogni volta che si parla di diabete in generale, specificare le differenze, far capire che ci sono diabetici di sei anni, di quindici anni, di trent’anni, magri, atletici, nel pieno delle forze ma comunque dipendenti dall’insulina, e poi ci sono i diabetici di tipo 2 che forse sono un po’ sovrappeso, non si muovono, mangiano qualunque cosa senza misura e probabilmente possono curarsi con una pastiglia senza necessariamente arrivare all’insulina, sempre che cambino il proprio stile di vita.
Due realtà completamente diverse per le quali anche la ricerca scientifica si muove in modo diverso, e c’è davvero un gran bisogno che la ricerca vada avanti per scoprire qualcosa in più sul diabete di tipo 1 che ogni anno colpisce un numero di bambini sempre crescente.
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