Fino al prossimo atto
"Decedevano tutti". Il comunicato dei Carabinieri sull'incidente della circonvallazione Galatone-Seclì ha il tono di un bollettino di guerra. Quei quattro morti, alle 8:30 del mattino di ieri, in una giornata iniziata con il tremore della terra e l'ennesimo interrogativo sul perché il mondo si stia ribellando in questo modo, scrivono una terribile pagina di cronaca, non solo per il Salento.
L'unico superstite, ora combattente in una lotta straziante per restare in vita, miracolato (se così si può dire in una tale situazione) solo perché in quell'istante era sul cestello del camion, è un filo di speranza fragilissimo, ma siamo tutti lì a stringerlo tra le mani.
In fondo davanti a tragedie simili non ci rimane che sgomento e compassione per non inaridirci completamente sull'asfalto delle strade che crollano o diventano scenari di devastazione. Fino al prossimo atto della superficialità e della disattenzione. L'ipotesi che fossero entrambe in quella Golf che ha falciato gli operai, intenti a potare gli alberi, non sembra così lontana dalla realtà. E sono poi svanite nello schianto che ha messo fine a una corsa assurda, partita probabilmente come un tragitto abitudinario, di quelli che ti portano in ufficio quasi automaticamente ogni mattina.
Questo incidente ha acceso subito il furore dei sindacati che parlano di diritti, di sicurezza e di prevenzione. Giusto, sacrosanto. Ma un fatto simile è prima di tutto un lutto che ha bisogno di essere elaborato.
"Non possiamo continuare a piangere vite umane perse lavorando", fa eco qualche voce dagli scranni più alti del Senato. Ma qualsiasi vita umana persa non per un destino in cui credere o meno, bensì per mano dell'uomo che dà troppe cose per scontate e gioca sfidando continuamente il tempo e la natura, è dolore condiviso in cui chiunque di noi può forse trovare una propria colpa, in primis l'abitudine al male, "voce poderosa che desta le anime volgari".
Perché poi si arriva a tollerarlo e invece dovrebbe strapparci il cuore dal petto ogni volta, rendendo inaccettabile il silenzio dell'anima.
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