"Mediterroneo", verità e finzione nell'ultimo romanzo di Marcello Costantini

Qualche tempo fa Noel Gallagher, interrogato sui romanzi, rispose di odiarli poiché “non dicono la verità”. Molto tempo prima Stephen King aveva affermato che il romanzesco è “la verità dentro la bugia”. Prendo spunto dall’opinione di due rappresentanti dell’arte musicale e di quella narrativa per parlare dell’opera Mediterroneo di Marcello Costantini, edito da Capone Editore. Lo faccio perché nelle sue precedenti pubblicazioni e nella sua vita di medico, Costantini si è distinto come ricercatore e divulgatore scientifico, un uomo in cerca della verità e dell’evidenza, di ciò che possiamo scoprire, vedere, toccare e, nel suo caso, curare.
È una sorpresa quindi, che l’autore ci porti dentro un caleidoscopio di verità e finzione, inserendo i suoi personaggi in un percorso che ha sullo sfondo accadimenti reali, ad esempio un drammatico fatto di cronaca come il terremoto dell’Irpinia, ma anche e soprattutto la fiction più pura.
C’è molto da affrontare in questo romanzo: la crisi esistenziale, la morte, il mistero, il passato, la diversità, il cambiamento. L’autore è stato bravo a condensare il tutto in meno di 150 pagine, ma si ha quasi la sensazione che si sia risparmiato qualcosa, più per non stancare il lettore, che per il fatto che non avesse ancora da scrivere.
La ricerca dell’originalità è difficile, ma Costantini ci riesce meglio di tanti autori, solo sulla carta, più quotati. Il suo inquieto dottore, pieno di domande e di strade inesplorate da battere, conquista e dà lo spunto a farsi domande su di sé. Trasferisce quella stessa inquietudine e curiosità, sicchè si capisce che lo scrivente cardiologo ha deciso che curare fisicamente il cuore non gli basta più, adesso vuole stimolare anche la mente, poiché non esiste l’uno senza l’altra e viceversa. Buona lettura.

Martedì, 15 Dicembre, 2015 - 00:07

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