Manca il personale, Asl al collasso
Gli operatori sanitari invecchiano. Il blocco del turn over, la legge Fornero e la direttiva europea 161 sul limite delle 11 ore hanno ridotto all’osso l’organico della sanità pubblica. In corsia sono rimasti gli anziani e i “limitati”. Con la legge Fornero buona parte del personale è andato a casa e non è stato mai rimpiazzato. Così oggi, i «reduci» di quello che fu un esercito di 8.900 dipendenti, ha un’età media di 54 anni. Sui 6.700 dipendenti di ruolo della Asl di Lecce, ben 1300, pari al 20 per cento, hanno un’età media attorno ai 60 anni. Un’età in cui non può esserci entusiasmo durante i turni di notte in corsia.
Il colpo di grazia all’organizzazione del lavoro è arrivato a fine 2015, con la legge 161, che ha limitato a 11 le ore continuative di servizio, compreso l’ambulatorio intramoenia.
Nella Asl di Lecce la direttiva europea ha richiesto degli aggiustamenti con il ricorso a ore aggiuntive. E nonostante tutto qualche primario usa la 161 come una «clava», comunicando alla direzione sanitaria che «…per dare esecuzione alle disposizioni normative c’è bisogno di personale. In caso contrario non si può assicurare il rispetto delle 11 ore… Oppure, si è costretti a sospendere il servizio …o, ancora, saranno limitati gli accessi…». Ma di nuove assunzioni, in assenza delle deroghe, non se ne parla.
La carenza di personale ha a che fare anche con le esenzioni, le limitazioni e i permessi autorizzati che vanno a gonfiare il tasso di assenza, che per il 2015 è risultato del 21,63 per cento.
Nella Radiologia di Gallipoli la maggior parte dei tecnici radiologi sarebbero stati dichiarati inidonei, parzialmente inidonei (non fanno i turni di notte) o con limiti funzionali. In soldoni vuol dire che sono pochissimi quelli che possono spingere la barella del paziente per sistemarlo sul lettino di una Tac. Ecco perché poi, ci sono le macchine ma le tomografie non si possono effettuare e il malato di tumore è costretto ad attendere e sperare.
L’altro beneficio che rischia di apparire come uno “status symbol” è la legge 104. Si stima che al “Vito Fazzi” circa il 35 per cento degli operatori sanitari godono dei tre giorni di permesso al mese previsti dalla 104. Ma è anche vero – ha osservato un sindacalista – che l’età media dei genitori si è allungata. Così le suocere, che proverbialmente sono sempre state sullo stomaco, improvvisamente hanno bisogno dell’amorevole assistenza del dipendente Asl. E non sempre i titolari dei permessi comunicano in anticipo al reparto i giorni delle loro assenze. Se lo facessero si potrebbero programmare meglio i turni.
Il personale in corsia manca anche per altri motivi. Fra tutti alcune forme di conflittualità strisciante. Se il dipendente «si ammala», è ovvio che i conti non tornano. E se c’è il sospetto che la malattia è simulata, non puoi fare il poliziotto per vedere di incastrarlo.
Tweet |