L'uccello in gabbia o canta per amore o canta per rabbia

E se cantasse per idiozia? E se fosse per darsi un tono (che tono non è)? Ma di ben altri volatili stiamo parlando, non di quelli che usano il fischiettare per comunicare. E di altre gabbie. Mentali, strette al tal punto da far tirare fuori un sibilo urticante, non certo di richiamo. L'ennesimo troglodita passa accanto a una ragazza impegnata in una conversazione telefonica sul marciapiedi fuori dal proprio ufficio. Il sole l'ha invitata ad alzarsi dalla scrivania per prendere un po' d'aria. Classico braccio fuori dal finestrino di un Fiorino e fischio annesso. Le due cose vanno spesso di pari passo, esattamente come la stupidità si muove a braccetto con l'incapacità di esprimersi nella maniera più corretta. O quanto meno accettabile a livello sociale.
La macchina rallenta, sguardo poco sveglio (tendente al maniaco, non al latin lover) e si riparte, con la convinzione di aver lasciato il segno. Una "Z" a mo' di Zorro. Pardon, di Zotico.
Gli uomini della preistoria dimostravano il loro apprezzamento a suon di clava. Non ci siamo allontanati di molto, pur essendo passati millenni. Con la differenza che, nel caso in questione, non si manifesta un elogio per qualcosa o qualcuno che piace. È un modo di agire che fa parte del proprio essere, slegato da un reale sentire.
Se l'uomo sta cercando una strada per staccarsi dalla pelle il marchio del "pervertito", sta proprio sbagliando percorso. Se a tutti i casi di maltrattamento e di stalking (o peggio ancora) che affollano la cronaca questa è la risposta, mio caro maschio, riprenditi la clava e torna nelle tue caverne. Lì magari qualcosa potrai raccogliere. L'eco fastidiosa del tuo fischio.

Lunedì, 20 Gennaio, 2014 - 00:07