La Vulvodinia è una patologia non un fastidio

Dal prurito insopportabile nella regione vulvare all’impossibilità di avere rapporti sessuali, dalla difficoltà di rimanere sedute per più di un paio d’ore all’interazione con altre patologie di tipo neurologico, come le fibromialgie. La Vulvodinia, detta anche “sindrome vulvo vestibolare”, è tutto questo e altro ancora. «Non è un fastidio – chiarisce Eliana Schirò, presidente provinciale dell’associazione Viva (acronimo di Vincere Insieme la VulvodiniA) che raggruppa le donne colpite dal singolare stato patologico – E’ una vera e propria patologia della quale noi cerchiamo di ottenere il riconoscimento dal servizio sanitario nazionale».
Nei giorni scorsi l’associazione Viva ha tenuto una Giornata Informativa, per approfondire la conoscenza di questa malattia troppo spesso vittima di stereotipi e tabù e soprattutto silente.
L’incontro ha permesso di indagare sintomi, diagnosi e cure della patologia che colpisce soprattutto le donne in età fertile (20 – 60 anni), attraverso i consigli di medici specialisti ed aprendo un dialogo diretto con le donne in sala. In provincia di Lecce ne soffrono almeno 20 – 30 mila donne, in forme più o meno gravi.

La Vulvodinia è provocata da un’infiammazione delle terminazioni nervose della vulva che incide profondamente sulla qualità della vita di chi ne è affetta, minando la sicurezza, la vita sessuale e il rapporto di coppia.
«Stando all’unico studio nazionale esistente – spiega il primario di Ginecologia del “Vito Fazzi”, Antonio Perrone, -  la Vulvodinia affligge il 6% delle donne in età fertile. La patogenesi è multifattoriale. Entrano meccanismi di natura organica, ma anche il vissuto personale. La regione vulvare è un target su cui si scaricano una serie di difficoltà dei percorsi medici (infezioni, formazioni neoplastiche .. ) ma anche di alterazione della percezione del dolore. Si può guarire ma se la diagnosi non è precoce il percorso è lungo».
«Il nostro obiettivo è di informare – dice Mikaela Billermann, del direttivo di Viva – e di cercare di ottenere l’esenzione, visto che oggi le cure sono a nostro carico».
Oltre ad un buon ginecologo, preparato su tutti i disturbi della donna e segnatamente del pavimento pelvico, nella cura della Vulvodinia sono coinvolti anche il dermatologo, l’urologo, l’osteopata, il dentista, «ma soprattutto conclude Billermann – l’ostetrica, che ben conosce la muscolatura della donna nella zona vulvare».
Non sempre i medici di famiglia conoscono il percorso diagnostico-terapeutico della patologia. Per evitare improbabili soluzioni “sperimentali”, l’associazione invita la donna che soffre del problema a rivolgersi al sito www.associazioneviva.org.

 

 

Lunedì, 16 Novembre, 2015 - 00:03

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