La tracotanza e l'orgoglio
Le analisi del dettaglio le lascio a chi si occupa di farle. Berlusconi ha perso, e non perché non fosse lui il Presidente del Consiglio designato sin dall’inizio della campagna elettorale, ma perché la gente è stanca di ascoltarlo. Renzi ha perso perché la gente non gli ha mai riconosciuto una leadership effettiva, e speriamo lo abbia capito(anzi da quello che vedo lo ha capito mentre scrivo).Salvini ha perso perché ha vinto scalando la montagna di disperazione che sovrasta le nostre città. Ha perso la Meloni perché le si leggeva in faccia quanto mal tollerasse Silvio Berlusconi e anche un po’ Salvini. Raffaele Fitto non merita commenti. Pietro Grasso, magistrato di grande spessore umano, collaboratore di Falcone e Borsellino, titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella fratello del nostro Presidente della Repubblica, uomo di stato e, a mio modesto avviso, l’unico in grado di dare un’immagine credibile al centrosinistra, ha fallito anche lui. Il resto si perde nel rosatellum. L’Italia, abituata ad essere storicamente governata, dal dopoguerra in avanti, in maniera gerontocratica: con il pentapartito prima e il ventennio berlusconiano poi, oggi di fatto e in maniera inequivocabile ha scelto.
I Cinque Stelle hanno vinto. I numeri parlano di vittoria della coalizione di centrodestra, di flessione di Forza Italia, di “soglie psicologiche” del PD e di exploit della Lega. Ma la realtà è una: il movimento Cinque Stelle è il primo partito in Italia. Il più trasversale della storia. La mancanza di figure di riferimento credibili, di leadership radicate hanno fatto sì che il 32,5% degli italiani li abbiano votati non per protesta (come fa più comodo dire) ma per scelta, rivendicando, attraverso il Movimento, l’urgenza di essere ascoltati e la drammaticità di una situazione in cui i numeri del quotidiano non corrispondono affatto con i numeri di crescita tanto decantati da chi era al governo. Ieri sera diceva ai microfoni Di Battista: “dovranno parlare con noi, con noi, con i nostri metodi”, (come fa un adolescente che rivendica la sua autonomia). E questo è bene che avvenga, perché è bene ogni tanto guardarsi allo specchio e vedere quanto si è invecchiati, tirarsi su gli zigomi per avere una parvenza di quello che si era. Non penso, con franchezza, che l’Italia possa essere guidata da un “movimento”; credo, con convinzione, che le leadership vadano costruite con consapevolezza, e non solo cavalcando la storia del momento. Ma questo, lo ribadisco per la seconda volta, è difficilissimo perché non c’è una “scuola” della politica, fatta di statisti e figure di riferimento. Ben vengano i volti nuovi, manna dal cielo sono gli entusiasmi di chi si avvicina alla politica. Ritengo che la così tanto citata “deriva populista” non sia l’espressione della consapevolezza di sé di un popolo, ma semplicemente un richiesta estrema di aiuto, di una guida sicura che manca. Quando nel 2015 si preparavano i giochi olimpici in Brasile, l’allora presidente Dilma Rouseff, capendo che i fondi per finanziare la costruzione del villaggio olimpico iniziavano a scarseggiare, aumentò di botto il costo dei trasporti pubblici della capitale, provocando così una una insurrezione popolare di massa. Bene, scesero in piazza pacificamente milioni di persone, al suono semplice di padelle e coperchi, boicottando tutti i mezzi pubblici e bloccando di fatto la capitale. Il risultato fu che l’aumento venne annullato! L’Italia non è una nazione da coperchi e padelle! Le nostre rivoluzioni le abbiamo fatte, quando avevamo dei leader, sorretti da movimenti popolari, c’erano le ideologie, e sopratutto non eravamo stanchi.
Chi non la pensa come me mi dice che i tempi sono cambiati, che quella leadership che io rivendico non potrà più tornare, che quei politici che avevano nelle mani, oltre che nella mente, la storia della nostra nazione, la conoscenza della Res Publica non ci saranno più, e forse è vero. Mi auguro, comunque, che questo specchio di fronte al quale mi sono guardato ieri per cercare di riconoscermi rimandi, mi rimandi, una immagine diversa. Più fresca. Che le rughe, i cedimenti, sotto un’altra luce prendano una piega differente. Mi auguro di dovermi rimproverare di scarsa lungimiranza e di scarso coraggio, e se così fosse vorrà dire che avrò di fronte un’Italia migliore, dove la tracotanza della politica sarà battuta dall’orgoglio di un popolo.
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