La domenica delle palme al tempo della Xylella

"Non è “grave abuso liturgico” sostituire gli olivi e benedire altre fronde per questa commemorazione"

Il nostro Salento, un tempo Enotria: terra del vino che, in seguito allo sviluppo economico settecentesco voluto dai Borboni, è diventato l’oliveto per l’olio lampante d’Europa. Oggi a causa dell’infestazione del batterio Xylella e per una “cattiva” politica economica che ha trascurato il nostro territorio importando olio da altri stati, sta diventando una “terra morta”, come non è mai stato.
La festività odierna accende l’opinione pubblica su questa piaga del Salento: infatti, per antica tradizione liturgica, che affonda le sue radici nel VII secolo, nel bacino del Mediterraneo è prevalso l’uso di benedire in questa ricorrenza i rami di olivo, per il forte rimando biblico ai rami agitati dalla folla che osannava a Gesù.
Ma, poiché le uova dell’insetto responsabile della diffusione del batterio Xylella si schiudono proprio in questo periodo, si teme che il trasporto dei rami diventi un vettore di contagio. Mi piace ricordare che nei vangeli, per acclamare a Gesù che fa il suo ingresso a Gerusalemme, non si parla di rami di olivo: gli evangelisti Matteo e Marco parlano di fronde, Giovanni di palme e Luca non accenna affatto a questa forma di acclamazione. Probabilmente la folla di Gesù agitava mazzetti di mirto, salice e palme, come era usanza per le acclamazioni dei pellegrini che entravano a Gerusalemme in occasione della festa delle Capanne.
Il mirto, con il suo odore, ricorda il profumo della preghiera gradita a Dio. Il salice, presentando una foglia stretta simile alla bocca chiusa, rappresenta il silenzio: il salmo 136 ricorda che ai salici di Babilonia il popolo ebraico in esilio appese le cetre in segno del lutto per la deportazione. Infine la palma è segno della fede-fedeltà nella tradizione biblico-cristiana. Non è quindi “grave abuso liturgico” sostituire gli olivi e benedire altre fronde per questa commemorazione. Piuttosto penso che sia doveroso, in apertura della Settimana Santa, contemplare Gesù che prima della sua passione, alla vista di Gerusalemme, piange su di essa, perché non sa riconoscere il tempo della sua visita. Quest’icona del Maestro ci deve sollecitare a piangere di rabbia alla vista della nostra terra e far di tutto per non lasciar passare invano il tempo.

 

Domenica, 29 Marzo, 2015 - 00:07