Il canto del Cigno di Castagneto
Ultima rappresentante di un mondo che non apparteneva a nessuno, ma veramente a nessuno. Un mondo fatto di bellezza, classe, eleganza, un mondo a sé, che è sempre stato, sin dai suoi primi vagiti, un mondo a parte. Marella Caracciolo di Castagneto così si chiamava, sposa in giovane età, a Strasburgo, Gianni Agnelli; ma probabilmente questo era ininfluente per lei, se non per quella infinita disponibilità che le si poneva davanti nel poter lavorare sul suo innato gusto per ciò che è bello, e rimarrà tale per sempre senza limiti. Fotografa, designer, arredatrice di interni mecenate e collezionista d’arte da Canaletto alla de Lempicka, grande creatrice di giardini e amica di Pejrano, con il quale si è dedicata in maniera maniacale alla realizzazione del parco di Villar Perosa, ha declinato il suo buon gusto in tutto ciò che ha creato, senza mai esibire nulla, non avendone la necessità. Maestra nell’arte del ricevere, disegnatrice di tessuti, tra l’atro per la storica seteria Ratti di Como, amava circondarsi di cose belle, le più belle. Tutto doveva avere un equilibrio mai ostentato, d’altro canto è impossibile ostentare qualcosa a sé stessi. È stata, la sua, un’esistenza travagliata: dai tradimenti dell’avvocato sino al suicidio del figlio, evento catastrofico e fuori natura, sopravvivere ad un figlio. Così, da allora, si è ritirata a curare le sue rose, nella sua casa a Marrakech, circondata dal suo silenzio sin troppo rumoroso. Una sua cugina, non appartenente al ramo dei Castagneto, mi raccontó che una volta l’anno tutta la famiglia usava ritrovarsi a Napoli, per una messa presso il convento dei Caracciolini, ordine creato nel 1500circa dall’antenato Francesco Caracciolo, salito poi agli onori degli altari. Ebbene Marella, da signora Agnelli, iniziò a declinare il ritrovo; il sublime, ironico e pungente commento dei parenti fu che da quando aveva sposato quel ‘meccanico’ non era più la stessa persona. Erano gli anni di Kissinger, New York e delle feste a palazzo Volpi. Brevi periodi in cui la signora Marella si rese conto di essere fuori luogo anche in quegli ambienti. Ebbene quell’essere così non ci sarà più, e poco conta il denaro, a mio parere. ”Ho coltivato il mio giardino” così ha intitolato il suo penultimo libro, e proprio quello ha fatto. Addio signora e grazie per esserci stata poco. Per Lei parleranno le sue rose, se ci sarà mai qualcuno pronto a coglierne la loro bellezza.
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