"Cambiare la ricetta dell’impasto"
Da tempo sostengo che il rilancio del progetto politico pugliese passa dal coraggio di compiere scelte radicali. Non sarà attraverso la sostituzione di questo o quell’assessore regionale, in risposta a mere logiche di spartizione territoriale o di calcolo politico o di piccoli e grandi rancori personali che si riuscirà a ricostruire un’azione politica credibile e concreta, in grado di fare l’unica cosa che conta davvero: portare a casa risultati nell’interesse dei pugliesi. E’ da qui e nient’altro che passa la credibilità - presente e futura - di una classe dirigente.
In Puglia il coraggio delle scelte radicali oggi passa dall’opportunità di dare un impulso nuovo all’azione di governo, alzando l’asticella dell’impegno e della visione politica, della responsabilità e della concretezza: abbandonare i personalismi, partire dai temi, individuare obiettivi chiari, ridisegnare in funzione di questi il quadro di deleghe, compiti e squadra di governo, scrivere regole certe del gioco democratico per rilanciare la qualità delle agenzie di sottogoverno e del Consiglio regionale stesso.
Non si può dunque rimanere negli schemi classici. Non si può più pensare di tenere lontani Cultura e Turismo da Politiche giovanili, Ambiente o Agricoltura. Non si può immaginare la cura della salute e del benessere dei pugliesi tenendo distinti Sanità e Servizi sociali o costruire di politiche di sviluppo virtuose mantenendo separati Sviluppo economico e Infrastrutture.
Per questo la logica delle tre caselle mancanti, da coprire con un nome anziché un altro, è politicamente sterile, non produce alcun miglioramento di conseguenza mi appassiona poco e niente. Men che meno se la proposta di un nome arriva perché un altro è impedito da un veto.
Più che di un rimpasto di fine legislatura, occorre cambiare la ricetta dell’impasto e far sì che la necessità di una svolta si trasformi nell’opportunità di un grande cambiamento. Altrimenti, temo che il tanto sbandierato cambiamento rimarrà un concetto privo di senso e il coraggio null’altro che il naturale istinto di sopravvivenza di una politica senza idee e senza futuro.
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