"Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli"

L'ultima poetica lettera di Aldo Moro alla moglie Noretta

6 marzo 1978. La Securpena (struttura di supervisione delle carceri) segnala al Sismi che un ergastolano della casa circondariale di Campobasso, Cesare Ansideri, che aveva avuto contatti con alcuni brigatisti, ha rivelato che si sta progettando un attentato a “una grossa personalità di Roma”, allo scopo di ottenere in cambio la liberazione di alcuni detenuti politici. Il capo del Sismi, Santovito, non attiva i servizi, reputando Ansideri inattendibile. È stato solo un errore di sottovalutazione o un’omissione voluta?
10 o 11 marzo 1978. Claudio Leone (direttore di un periodico giovanile) vede un giovane che osserva con insistenza l’ingresso dell’ufficio di Moro in via Savoia, mentre la sua scorta attende il presidente della DC. Il giorno dopo lo rivede nello stesso posto.
15 marzo 1978. Sulla rivista O.P. di Mino Pecorelli, tornano i macabri accenni a Moro: “Mercoledì 15 marzo il quotidiano ‘Vita sera’ pubblica in seconda pagina un necrologio sibillino ‘A 2022 anni dagli Idi di marzo il genio di Roma onora Cesare 44 a.C.-1978 d.C.’. Proprio alle Idi di marzo del 1978 il governo Andreotti presta il suo giuramento nelle mani di Leone Giovanni. Dobbiamo attenderci Bruto? Chi sarà? E chi assumerà il ruolo di Antonio, amico di Cesare? Se le cose andranno così ci sarà anche una nuova Filippi?”. Da questa e dalle altre rivelazioni fatte da Pecorelli su O.P., sembra ormai evidente che i servizi fossero quanto meno a conoscenza del fatto che si stava preparando il sequestro di Aldo Moro e che alla sua morte non erano interessate le sole BR (le quali, del resto, sarebbero state avvantaggiate dal mantenere in vita il presidente della DC, piuttosto che ucciderlo): è possibile allora continuare a sostenere l'impreparazione degli apparati dello Stato davanti a un evento di questa portata?
Prima del 16 marzo 1978. Craxi viene informato da un parlamentare tedesco che Moro è nel mirino del terrorismo internazionale. In un documento rinvenuto dalle polizie tedesca e olandese si parlava infatti di Alter Mann, nome in codice per Aldo Moro. Craxi riferisce tutto a una personalità di cui poi non vorrà fare il nome e, anni dopo l’omicidio Moro, dirà: “Se i capi delle Armi, dei Servizi segreti eccetera, hanno detto di non saperlo, evidentemente lo hanno dimenticato perché io con qualcuno ne ho certamente parlato”. Craxi non ha segnalato nulla? O qualcuno che sapeva ha opportunamente “dimenticato”?
16 marzo 1978, poco dopo le 8. Renzo Rossellini, conduttore di Radio Città Futura, lancia dall’emittente romana un annuncio: “forse rapiscono Moro”. Tre persone riferiscono di averlo sentito: Clara Giannettino, domestica del senatore Cervone, Rosa Zanonetti e una donna sconosciuta che chiama TeleRoma 56. Dopo la morte di Moro, Rossellini rilascerà un’intervista al quotidiano francese Le Matin (4 ottobre 1978), nella quale affermerà che si trattava solo di un’ipotesi “che circolava da più giorni negli ambienti vicini all’estrema sinistra”. Poi ritratterà e dirà che quella del rapimento era solo una congettura logica, la conclusione di un discorso fatto sulla base dell’analisi della situazione politica, iniziata già molto tempo prima. Perché, se nell’“anticipazione” di Rossellini non c’era niente di strano, il centro di ascolto dell’Ucigos, quella mattina, sospende la registrazione dell’emittente proprio dalle 8,20 alle 9,33? La registrazione di quella trasmissione, guarda caso, è assente anche dal Centro di ascolto delle radio private, tenuto dal Sismi. Perché? E perché, subito dopo il rapimento, Rossellini incontra proprio il segretario del PSI, Bettino Craxi? Rossellini aveva notizie riservate da fonti che non ha mai voluto rivelare?
Fin qui prima del 16 marzo; un’ impressionante serie di segnali che, con i tempi che correvano, avrebbero dovuto far scattare l’ attenzione di chi era preposto alla sua sicurezza, e non parlo ovviamente della scorta, ma di chi doveva intervenire perché la scorta  fosse adeguata nel numero di componenti e addestramento e provvista di auto blindate di cui pure erano provviste le scorte di personaggi  politici di minore caratura ed esposizione.
Durante il sequestro e dopo, fino alla sua morte cruenta nei primi mesi del 1979 , è sempre Mino Pecorelli il più pre-informato al punto da sembrare un veggente. Intanto il suo mensile OP diventa settimanale esattamente la settimana in cui viene rapito Moro.  Sentiamo Sergio Flamigni in proposito: “Forte è il sospetto che l’uscita di “Op” settimanale in contemporanea con il sequestro Moro non fosse una casuale coincidenza. È in quel periodo che Pecorelli, tra l’altro, incassò soldi, a quel che si dice, da Flaminio Piccoli, da Egidio Carenini, dal generale Miceli, capo dei servizi segreti, da Nino Rovelli, pare anche da alcuni noti costruttori romani e da Giuseppe Arcaini.”
Sa tutto sul famoso lago della Duchessa (dicendo per primo che era una bufala) e sulla scoperta «pilotata» di via Gradoli e scrive con chiarezza che il sequestro Moro è una «delle più grosse operazioni politiche compiute in un paese integrato nel sistema occidentale e che l’obiettivo primario è quello di allontanare il Pci dall’area del potere».
Dopo il ritrovamento di Moro poi è il primo a dire che la prigione  non era in città ma verso il mare (l’ autopsia confermerà) alluderà per primo a palazzo Caetani, al suo passo carrabile con i leoni in pietra, all’ultima prigione intorno al Ghetto (lì nelle vicinanze), al fatto che la prigione era stata trovata da Dalla Chiesa ma che Cossiga lo bloccò perché doveva chiedere “più in alto”; a chi? A quelli della Loggia di Cristo in Paradiso! (In numeri precedenti aveva parlato di una loggia massonica vaticana, la più potente fra tutte le logge, anche  della  non ancora scoperta e quindi subordinata P2!
Poi scrisse che l’ accordo per la liberazione di Moro era stato fatto che era stato portato vivo in vicinanza di via Caetani secondo gli accordi ma tutto saltò perché qualcuno  all’ ultimo momento aveva alzato troppo il prezzo.
E ancora , dopo la scoperta del primo memoriale Moro in via Monte Nevoso (ottobre 1978), uscì con l’ articolo “Vergogna Buffoni” dicendo che il memoriale dato in pasto al pubblico era monco e che ce ne era un altro ben più completo; il generale Amen (Dalla  Chiesa nel suo linguaggio allusivo) l’aveva fatto vedere ad Andreotti e insieme l’avevano purgato (risulterà tutto vero). E aggiungeva che per aver visto quelle carte scottanti il Generale sarebbe incorso in una morte violenta (vero anche questo, solo che Pecorelli lo precedette e che insieme a Dalla Chiesa persero la vita anche il gen. Galvaligi e il ten. Colonello Varisco – anche loro a contatto con le carte di Moro – in  due distinti e finti attentati delle BR.
Questi i principali elementi di preveggenza e/o di conoscenza di cose che agli inquirenti erano ignote o che taluni inquirenti volutamente ignoravano. 
Ora, posto che dobbiamo escludere che Pecorelli avesse doti para-normali (come dobbiamo escluderle anche per la “seduta spiritica” di Prodi in cui venne fuori intorno al 4 di aprile il nome di Gradoli, ma questa sarebbe un’altra storia che qui tralascio) è chiaro, ed è anche risaputo, che Pecorelli aveva vari informatori nei servizi che gli consentivano la ricordata preveggenza e onniscienza sulle varie trame del paese (qui ci si è concentrati solo su quello che riguardava Moro ma il repertorio di argomenti trattato dal giornalista con queste modalità  fu vastissimo).

CONCLUSIONI

Tento una ricostruzione logica degli avvenimenti, avvalendomi anche di altre ricostruzioni alternative a quella ufficiale:

1)      I settori di Servizi di osservanza americana guardavano con favore alle BR in quanto costituivano un fattore “stabilizzante” (erano funzionali alla strategia della tensione)

2)      Tra i servizi di intelligence e la malavita vi è spesso contiguità ( e questo avviene ovunque) ed è provato che ve ne sia stata con la banda della Magliana e con la camorra.

3)      Tra le BR della fase a guida Moretti e la malavita vi era contiguità, sia nata nelle prigioni per alcuni e sia per la compravendita di armi e munizioni

4)      E’ possibile che i Servizi (alcuni apparati di stretta osservanza americana) abbiano infiltrato  o comunque avuto contatti, tramite elementi della banda della Magliana, con le BR e con la colonna romana in particolare.

5)      In tal modo hanno anche potuto orientare l’ attenzione delle BR su Moro invece che su Andreotti come era nelle loro intenzioni originarie (magari fornendo dati su orari, spostamenti, composizione della scorta, caratteristiche delle auto, insomma semplificandogli il compito dell’ “inchiesta”).

6)      La banda della Magliana (che aveva contatti con ndrangheta e camorra) ha magari fornito uno o due killer professionisti da utilizzare nell’ agguato.

7)      Questo tipo di contatti ha portato ad una commistione fra i due gruppi al punto che i componenti la Banda erano al corrente dei covi e degli spostamenti dei brigatisti.

8)      I brigatisti hanno iniziato il sequestro convinti di poterlo gestire autonomamente (nel frattempo quegli apparati dei servizi gli avevano, fin dall’inizio e a loro insaputa,  spianato la strada bloccando le iniziative degli inquirenti che potessero intralciarli) Probabilmente le BR non avevano mai avuto l’intenzione di sopprimere Moro.

9)      Le confessioni di Moro sono diventate un alibi per far sì che gli “orientatori” ne chiedessero la soppressione, suggerendo che tanto lo Stato mirava solo a perder tempo e non avrebbe mai esaudito le richieste.

10)   Alle esitazioni delle BR si è contrapposto il falso comunicato del lago della Duchessa ( con le minacce relative) e si è fatto scoprire il covo di via Gradoli. I brigatisti sanno, a questo punto,  che in una contrapposizione frontale con dei criminali di professione che ormai conoscono covi persone e spostamenti sarebbero perdenti. ( E non sanno ancora forse che dietro di loro ci sono agenti dei servizi)

11)   Cedono il prigioniero (che si illude ahimè che sia un prodromo della liberazione come risulta dalle lettere) e probabilmente le carte originali e  i nastri degli interrogatori con il patto ( a questo punto  escono allo scoperto anche i servizi) che ove catturati avranno un trattamento di favore e leggi ad hoc per la riduzione delle pene (dimenticavo anche questo era stato previsto da Pecorelli e così è stato)  Ai brigatisti resta il compito di trattare per ottenere la liberazione dei compagni e/o il riconoscimento politico ma devono far presto.

12)   Nel momento in cui la DC stava per fare il passo di un parziale riconoscimento politico, chi ormai gestiva il prigioniero, anticipa i tempi, sopprime Moro all’ interno di qualche edificio del Ghetto con due colpi di pistola, obbliga Moretti (o chi per lui) a mettere la firma BR con un’ ulteriore sventagliata di mitraglietta Skorpion e lo fa portare in via Caetani. Perché? Perché l’ artefice del governo organico con i comunisti doveva essere messo fuori gioco (ma forse ormai lo sarebbe stato comunque) e perché le “imbarazzanti” rivelazioni fatte ai BR , se vivo , avrebbe ormai potuto ripeterle, vista l’ amarezza che aveva accumulato verso tutti i partiti politici.

13)   Fu quindi siglato un patto non scritto per cui vi sarebbe stata una verità che avrebbe permesso di non far venir fuori le complicità che portarono al rapimento di Moro e ai brigatisti di aver salva la vita e di cavarsela con “poco” (pensiamo a Moretti che, condannato a sei ergastoli, ha fatto 20 anni di prigione e gode ora della semilibertà ed ha anche un lavoro come, del resto, tutti gli altri che parteciparono al sequestro; praticamente lo stesso trattamento di  Curcio  e Franceschini che invece non si sono mai macchiati di delitti di sangue).

14)   Non c’è da stupirsi che dopo di ciò Moretti e compagni abbiano poi ripreso le loro attività (vedi il punto 1) saranno sgominati nel momento in cui viene riaffidato questo compito a Dalla Chiesa che poi verrà nuovamente fermato quando la sua azione apparirà  esorbitante; gli verrà data una promozione che lo costringerà ad un lavoro non operativo. Un buon motivo per lui per  accettare la nomina a Prefetto di Palermo che si concluderà dopo 100 giorni crivellato di colpi insieme alla sua giovane moglie.  E così il cerchio si chiuse.

Mi piace concludere queste note riportando l’ ultima lettera di Aldo Moro alla famiglia. E’ una lettera di addio struggente e con dei passaggi, a mio avviso, di autentica poesia.

Alla moglie Eleonora
Tutto sia calmo.
Le sole reazioni polemiche contro la D.C.
Luca no al funerale.

Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo e incredibile comportamento. È sua va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati dalle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in un’unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze.
Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.

Recapitata il 5 maggio, da Don Mennini. Non è presente tra i dattiloscritti ritrovati nell’ottobre 1978, né tra le fotocopie dei manoscritti di 12 anni dopo. Lo stesso giorno, qualche ora prima, il comunicato n. 9 delle Br annunciava: «Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato». (Luca è il nipote, figlio di Maria Fida).  (fine)

 

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Domenica, 3 Novembre, 2013 - 00:07