In attesa di ponti, pontifichiamo sulle attese

Credendoci poco, sperandoci meno. Prendiamola sul ridere per evitare di piangerci addosso. Ma la questione è seria, così tanto che per affrontarla servirsi di uno strumento da bambini è la cosa migliore. I piccoli sono più attenti degli adulti, più sinceri, più affidabili. Avrei voluto prenderlo in mano io quel gessetto, disegnare io le strisce pedonali per terra. Poi però avrei dovuto sedermi lì, sull'asfalto già macchiato di sangue, senza lasciare più spazio alle promesse. Quell'incrocio va reso più sicuro. Bisogna fare qualcosa subito, senza mezzi termini.
Ma non siamo capaci di una protesta importante. Non siamo in grado di fermare tutto, di paralizzare la quotidianità e sbattere in faccia, a chi ha in mano le decisioni, la nostra caparbietà e i nostri bisogni. E se non lo facciamo nelle nostre piccole realtà, come possiamo pretendere di essere efficaci nel puntare il dito contro chi di sforzi per far crescere questo Paese non ne fa mai abbastanza?
Sporchiamoci le mani. Di gessetto, se è la strada per iniziare. Imbrattiamo la città di idee e di pretese.
Sotto ai lampioni bui da tempo immemore piazziamo il nostro dissenso esigendo ciò che spetta alla città tutta. Per accenderli serve ancora tempo? Trovate un'alternativa, fornite le strade senza luce di qualche soluzione alternativa. Fari, faretti, candele. A questo punto anche i ceri andrebbero bene.
Facciamoci sentire se siamo nel giusto, se vogliamo ricevere una risposta, e cuciamoci al contrario la bocca quando ci scappa di parlare a sproposito.
Costruiamo i ponti che ci consentono di vivere al meglio delle nostre possibilità. Aspettare non serve. Basta attese. Logorano. E in certi casi ammazzano.
Diteci in che modo possiamo accelerare i processi di attuazione dei progetti, ammesso che di programmi utili ce ne siano. E diamoci una mossa, in tutto.
Siamo stanchi di dover ironizzare sulle cose "perchè tanto va così". Se ci ritrovassimo a braccia conserte, tutti insieme, in Piazza San Pietro (a Galatina, eh…a Roma magari prima o poi ci arriveremo), qualcuno si farebbe finalmente delle domande? Si renderebbe conto che la forza di una comunità sta nella comunità stessa e che certi diritti, come quello a essere felici, sono universali?
Il gusto dell'attesa appartiene all'amore. Ai problemi di ogni giorno lasciamo l'immediatezza.
Venerdì, 12 Settembre, 2014 - 00:08

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