Violenza sulle donne, una giornata di formazione
Il progressivo incremento della violenza sulle donne costituisce una delle più diffuse violazioni dei diritti umani e per l'OMS la violenza di genere è divenuto un problema di salute di enormi proporzioni tanto da raccomandare ai Paesi di migliorare l'approccio del proprio sistema sanitario nell'affrontare il problema.
A tal proposito la Asl di Lecce si è fatta promotrice di un tavolo di lavoro interistituzionale a livello provinciale con i soggetti che a vario titolo si occupano del fenomeno: Procure, Forze dell'Ordine, Uffico Scolastico Provinciale, Case Rifugio, Centri Antiviolenza, Consigliera di Parità, Associazioni di donne, Università del Salento, Procura della Repubblica e Tribunale per i Minorenni.
Il Tavolo di lavoro, coordinato dalla Asl per tramite dell'Area Servizio Socio Sanitario, intende creare collaborazioni stabili tra servizi, istituzioni e soggetti del privato sociale per costruire, come la normativa di settore prevede, una rete formalizzata di servizi Antiviolenza in grado di affrontare, pur nella specificità di ciascuno, il complesso e delicato fenomeno della violenza sulle donne, con obiettivi comuni e procedure operative condivise.
La Asl di Lecce ha provveduto a riorganizzare i percorsi assistenziali distrettuali in forma integrata nei 10 Ambiti sociali territoriali con Equipe di ambito dedicate all'abuso e al maltrattamento, d'intesa con i Centri Antiviolenza dell'intero territorio provinciale. Ha organizzato e portato a termine due giornate di sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne e sui minori, in collaborazione con l'Ufficio Scolastico Provinciale.
“Intendo conferire -dice Silvana Melli- maggiore impulso al lavoro fin qui svolto, ritenendo obiettivo rilevante la definizione di un percorso omogeneo di accoglienza e gestione delle donne e dei minori vittime di violenza in accesso al Pronto Soccorso, interconnesso con quelli attivi negli altri servizi componenti la Rete antiviolenza territoriale e ritengo che nella rete antiviolenza debbono essere coinvolti anche i Medici di Medicina Generale e i Pediatri”.
La finalità del corso del 17 giugno è garantire alla donna che ha subito violenza, maltrattamenti e abusi il diritto di trovare immediato soccorso in un luogo idoneo e appropriato in cui operatori competenti sappiano fronteggiare la complessità del problema non solo in termini di visite e raccolta di prove, ma anche garantendo capacità di ascolto, accoglienza, comprensione, non giudicanti.
“Ritengo non più accettabile -continua Melli- la mancanza di procedure operative specifiche per i casi di violenza in accesso ai servizi di emergenza e ritengo fondamentale dotare la ASL di un percorso unificato dalla A alla Z per la donna vittima di violenza. Bisogna ricomporre I tasselli mancanti attraverso l'impegno dei nostri professionisti ospedalieri e territoriali, e alla importante sinergia con i Comuni e i Centri Antiviolenza . Un lavoro di squadra che garantisca alla donna una presa in carico da parte di operatori preparati e formati sul tema, sia a livello psicologico che assistenziale. La donna non deve sentirsi più sola, ma protetta e accompagnata”.
Il protocollo del Percorso Rosa cosa fare in caso si presenti in ospedale una donna che dichiara di essere vittima di violenza oppure se ne ha il sospetto e indica chi è responsabile di ogni spep.
“Il personale del triage del pronto soccorso -chiarisce il direttore generale- attiva subito il codice rosa, accompagnando la paziente in un luogo appartato per offrirle una adeguata privacy. Avvisa il medico, adotta un atteggiamento rassicurante, non giudicante e disponibile all’ascolto. Deve insomma instaurare con la vittima una relazione empatica”.
Se risulta necessario, e la donna acconsente, il Pronto Soccorso attiva, gli altri percorsi quali un ricovero di una notte, la prenotazione di una consulenza con il Centro Antiviolenza di riferimento e con i consultori, in caso di presenza di figli minori di età vittime di violenza assistita.
“La finalità è quella di costruire insieme ad altri servizi una rete di supporti finalizzata alla sicurezza delle vittime, alla riduzione dei rischi di esposizione e di contatto con il soggetto che usa violenza, perché la donna intraprenda un percorso di autodeterminazione e di fuoriuscita dal circuito della violenza, ma sopratutto creare una maggiore sensibilizzazione degli operatori sanitari -conclude Melli- perché non basta il parlare a cambiare una cultura”.
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