Unisalento, "il Governo ci dia le risorse che ci ha tolto"

In queste ore la CRUI ha indirizzato al Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini una lettera che chiede l’inserimento, tra le priorità del Governo, di una serie di istanze indifferibili per il rilancio del sistema universitario nazionale. Al proposito, una riflessione del Rettore dell’Università del Salento Vincenzo Zara: "Nelle ultime settimane in diverse occasioni abbiamo avuto modo di “raccontare” il ruolo delle università meridionali nel sistema universitario nazionale e le difficoltà che incontriamo nel nostro lavoro quotidiano, come purtroppo siamo costretti a fare ormai da anni. Da ultimo, in una conferenza al Politecnico di Bari, e ben prima da noi nel Salento, in occasione della nostra ultima inaugurazione, quando abbiamo potuto incontrare sia il Presidente della CRUI Stefano Paleari che il Ministro Stefania Giannini. In quella occasione e nelle successive, abbiamo segnalato l’estrema urgenza del ripristino degli investimenti sul sistema universitario nazionale, nell’ambito del quale – appunto - i nostri Atenei svolgono un ruolo prezioso di formazione e promozione sociale, ricerca e innovazione tecnologica, “terza missione” in stretta collaborazione con i vari attori del territorio.
I tagli al sistema sono cominciati a partire dal 2009, con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Allo stato attuale abbiamo novecento milioni in meno di quanto ci occorrerebbe, e il blocco del turnover ci ha impedito di rinnovare le nostre “risorse umane”. Abbiamo perduto 10mila ricercatori e professori, oggi i ricercatori che hanno un’età tra i 31 e i 35 anni si sono ridotti a un quarto di quelli che avevamo, e a livello nazionale sono solo otto i professori ordinari che hanno meno di 40 anni. Paradossalmente, i Rettori sono più giovani degli ordinari (in media). I ricercatori che siamo riusciti a reclutare sono “a tempo determinato” e non hanno alcuna certezza del proprio futuro. In più, le progressioni stipendiali bloccate hanno accresciuto un ingiusto divario economico tra le generazioni. La situazione è simile sul fronte del personale tecnico-amministrativo, ed è sempre più difficile garantire il diritto allo studio per i capaci e meritevoli “privi di mezzi”, categoria che come tutti sappiamo è purtroppo di dimensioni sempre più vaste.

L’Università del Salento non fa eccezione nello scenario generale delle Università meridionali, presso le quali continua incessantemente la diminuzione del numero di iscritti, ben al di là dell’effetto dovuto al calo demografico: sebbene nel 2014/15 si sia riscontrato un incremento dell’1% nelle immatricolazioni ai corsi di laurea triennali e magistrali a ciclo unico, negli ultimi cinque anni l’Ateneo salentino ha subito complessivamente un calo del 20%. In mancanza di un vero turnover, il numero di docenti negli ultimi cinque anni è sceso da 700 a 651, come pure il personale tecnico-amministrativo è passato da 619 a 560 unità. I finanziamenti ordinari, in un concatenarsi di cause ed effetti, sono diminuiti per quasi tutti gli Atenei del Sud, e dopo una riduzione di 1,7 milioni di euro tra il 2013 e il 2014, l’Università del Salento ha subito nel 2015 un ulteriore taglio di circa 660mila euro.

Con questi numeri, è impossibile essere competitivi. I nostri migliori ricercatori vanno via, e lo dimostra il fatto che molti di essi scelgono di “appoggiare” i propri progetti su università straniere, con il risultato che – come ha sottolineato il Presidente della CRUI Paleari – l’Italia finanzia la ricerca degli altri Paesi europei. Non abbiamo certezze in nessun ambito, né nelle regole né delle possibilità future. Perché i nostri migliori talenti dovrebbero scegliere di rimanere? Che motivazioni possiamo fornire loro? Davvero vogliamo lasciare che essi trovino spazio altrove, dopo essere stati formati a spese nostre, a spese della collettività? Vogliamo che essi tornino poi al momento della pensione, quando dovremo magari sostenerne anche le spese mediche?

Cento milioni di euro il primo anno e trecento a regime per reclutare il 20% dei migliori dottori di ricerca, circa duemila giovani all’anno: ecco cosa servirebbe. Il ripristino delle progressioni stipendiali, la possibilità di assumere personale e maggiori garanzie sul diritto allo studio. Con un decimo di quello che è stato speso per la Riforma della scuola lo scenario cambierebbe nettamente. In più nel Sud, dove i nostri Atenei hanno perso una parte del compenso che ci era destinato in precedenza, occorre provvedere con misure specifiche scongiurando gli ulteriori tagli che ci servirebbero per un bilancio in pareggio.

Non possiamo permettere che vengano vanificati gli sforzi fatti in questi ultimi anni per la promozione di un sistema trasparente e meritocratico, che ha visto l’applicazione del costo standard e la valutazione delle attività da parte dell’Anvur, Agenzia che – peraltro – un anno fa ha scelto l’Università del Salento per un esperimento pilota di “accreditamento periodico”. Rischiamo di far prevalere il senso di frustrazione, quando invece soltanto un deciso investimento sul sistema e sui giovani ci permetterebbe di tornare a essere competitivi e di avere così strumenti per una più efficace apertura internazionale.

Alla vigilia del nuovo bando per la valutazione della qualità della ricerca, chiediamo insomma al Governo il recupero delle risorse tagliate, e che nella prossima Legge di stabilità siano previsti i fondi perché il sistema possa “tenere”. Chiediamo a gran voce che la “premialità” sia erogata con risorse davvero aggiuntive: in caso contrario, stop alla “VQR”. Abbiamo una precisa responsabilità nei confronti dei nostri giovani e del sistema Paese".

Sabato, 25 Luglio, 2015 - 00:05