Una indimenticabile serata di fine estate

Per arrivarci una stradina da far paura,  stretta e  tortuosa, con salite e discese. E intorno uno spettacolo da togliere il respiro. Per strada notai qualcosa che mi fece pensare, come  un camper parcheggiato al “bordo estremo” di un precipizio di cui non si vedeva la fine,  discese con i rollerblade a velocità pazzesche  e poi  deltaplani che sembravano aquiloni,  sparsi nel cielo a non finire. Insomma di normale vedevo ben poco.
Arrivammo su quel cucuzzolo e parcheggiamo in una piazza vicino al “posto” che ci avevano segnalato. Eravamo in un agriturismo a pochi chilometri e quel posto ci era stato segnalato da una persona del luogo che avevamo conosciuto quei giorni. Era sul cucuzzolo di una montagna, un centinaio di abitanti, temperatura già rigida a fine estate, qualche bar, qualche trattoria, qualche Chiesa.
Mancava mezz’ora alle otto di sera e già in giro non si vedeva nessuno, forse dormivano già, forse erano intorno al fuoco a parlare, a preparare qualcosa di buono, di antico.
Intorno come se il tempo si fosse fermato, come se il tempo non fosse passato, incrociammo solo un’ anziana, abiti lunghi, grembiule davanti sporco di farina e sciarpa che copriva testa e spalla. Era uscita a prendere della legna per il camino e scrutare il cielo per un attimo. L’aria era pulita, frizzante.
Entrammo di corsa per il freddo in quella  trattoria con quei tavoli in legno e le sedie impagliate. Il locale era quasi pieno, c’erano gruppi di tedeschi e americani  e si respirava un’aria di allegria e di vacanza.
Qualche battuta con il cameriere che era anche il proprietario, solite cose, soliti complimenti e fu proprio durante le prime battute che ci disse: in questo locale, di normale non c’è nessuno.
Ripensai a tutto ciò che avevo notato lungo il percorso e quando chiesi spiegazioni a quel signore mi disse che quella sera  tra le persone sedute in quel locale, c’era un  pilota americano,  un paracadutista della FOLGORE, un militare esperto a disinnescare mine  anti-uomo, un industriale tedesco  produttore e anche bevitore di birra, un pittore dalla barba lunga e incolta che dipingeva su tela la valle da ogni spigolo, da ogni angolatura.
Insomma il locale era pieno di persone amanti del rischio, dell’avventura e artisti. Fu così che mi convinsi, per non sentirmi estraneo e cadere nel banale, di presentarmi come  “scrittore di grido”. Con quel titolo entrai di diritto nel “club”  e mi tuffai “nella serata”.
La cena fu straordinaria  quanto il luogo, andammo via che non erano neanche le dieci di sera, ma  lì era notte fonda. Il ritorno ci sembrò più lungo con tutte quelle curve e controcurve e tutti quegli animali del luogo che ci attraversavano la strada e forse, durante tutto quel tratto di strada incontrammo solo un’altra macchina.
Eravamo a NORCIA qualche anno fa e quella sera ritornavamo da una sua frazione, CASTELLUCCIO.
Norcia duramente colpita dal terremoto di questi giorni, ma quella piccola frazione di un centinaio di abitanti sul cucuzzolo di quella montagna non c‘è più. Era uno di quei luoghi che pensi che non esistano più e  che all’improvviso ti trovi addosso. Quei luoghi che sembrano fuori dal tempo, quei luoghi che hanno conservato intatte le loro abitudini, le loro caratteristiche, le loro radici.  
Insomma quei luoghi “unici”.
Mi è sembrato giusto ricordare quel posto conosciuto casualmente e fortunatamente, dove avevamo trascorso in allegria quella bellissima, irripetibile e indimenticabile serata di fine estate.
Dove le stelle sembravano tanto vicine da poterle toccare, dove ogni anno si festeggiava “la fioritura”, dove il tempo s’è fermato alle sette e quaranta di quel terribile mattino.

Martedì, 8 Novembre, 2016 - 00:07