Un solo istante può essere sottratto alla logica del tempo. Ma cosa lo renderà eterno?

“Cos’è stato finora il tuo errare inquieto?” è questa la domanda fondamentale e cruciale che Calipso rivolge a Odisseo, che prontamente e in modo del tutto disarmante le risponde :”se lo sapessi avrei già smesso.”
Le parole pronunciate da Odisseo ci rivelano come solo mettendosi in cammino lungo la strada da percorrere e dando così inizio al “viaggio” sia possibile giungere infine a delle risposte, perché solo gli interrogativi ci spingono oltre. È proprio questo inesauribile senso di ricerca che ci induce a sconfinare verso l’ignoto e a sondarlo, Odisseo si mette in viaggio verso la vita o forse la vita stessa si rivela essere il viaggio, che si carica di significati attraverso la nostra capacità di vivere la realtà in profondità, nella sua interezza e pienezza. Siamo noi stessi ad attribuire un senso, a questo nostro esistere. È l’idea di un orizzonte sconosciuto e inesplorato che spinge Odisseo ad essere in continuo movimento, anche il pastore errante di Leopardi si chiese quale fosse la meta del suo “vagare” e il noto verso del poeta recita infatti “Ove tende questo vagar mio breve?”
La risposta a tale domanda probabilmente è celata dentro ognuno di noi, in fondo siamo noi stessi i custodi della nostra verità. Odisseo rammenta infatti a Calipso che ciò che lui cerca lo ha nel cuore, perché quello che vale la pena di essere scoperto e che merita di venire alla luce nasce sempre da dentro.
Siamo un po’ tutti dei “pastori erranti” esattamente come il personaggio leopardiano, almeno una volta sarà capitato di immedesimarci e riconoscerci nelle sue parole, in quell’interrogativo rivelatorio espresso nel silenzio della notte e confidato alla natura.
Cos’è dunque la vita? “Un’ombra che cammina”, un’ombra fugace la cui unica testimonianza è la sua impronta eterna oltre i confini di spazio e tempo, ognuno di noi è in cammino e ognuno di noi è alla ricerca di qualcosa, ma cosa? Cos’è esattamente che cerchiamo? Un attimo di eternità.
Siamo alla ricerca di un piccolo e unico e irripetibile istante che racchiuda l’eternità perché come disse la grande poetessa polacca Wislawa Szymborska “Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale.”, un istante che custodisca e al tempo stesso ci riveli il senso profondo di questo nostro esistere, del nostro stare al mondo. All’interno di quell’attimo, per mezzo del quale rinasciamo una seconda volta, è racchiuso il senso della nostra vita. Un’esistenza intera non compressa né ridotta ad una piccola e breve parentesi, ma che si rivela attraverso un momento significativo. L’eternità può divenire istante perché in fin dei conti è possibile “Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora.”, una grande verità che il poeta William Blake aveva saputo intuire e cogliere.
Nulla è in grado di rompere e di infrangere gli schemi ordinari del tempo, eccetto l’amore che non si sottomette alle sue leggi, che fa suo il tempo stesso perché come disse Pirandello “ E l'amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva e lui restava.”
L’amore è l’unica cosa che resta a dispetto del tempo e di ogni cosa finita, mortale. È l’impronta che noi lasciamo, nessuno può dirsi immortale eccetto quando ama profondamente perché l’amore vive, abita in ogni cosa. Domina qualsiasi cosa, persino il limite più assoluto ovvero la morte essendo l’amore vita e dunque più forte della paura della morte stessa.
“E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno” Leopardi proprio nella quiete del “silenzio” percepisce una “voce”, il canto della vita l’unico suono capace di oltrepassare il muro del silenzio. È paragonando l’ “infinito silenzio a questa voce” che nel poeta sorge spontanea l’idea dell’eternità e, solo la poesia che è cosa viva e rende vive le cose come l’amore “vince di mille secoli il silenzio”.
Dunque forse la rivelazione stupefacente e sconcertante è che, come scrisse Gabriel García Márquez: ” è la vita più, più che la morte, a non avere limiti.”.

Venerdì, 5 Gennaio, 2018 - 00:04