"Tre pillole al giorno per battere l'epatite C"
Sono in arrivo presso l'U.O.C. Malattie Infettive di Galatina nuovi farmaci per la cura dell'epatite cronica C (genotipo 1 e 4), estremamente innovativi e altamente efficaci. A dare la notizia è Paolo Tundo, Primario del reparto. Di cosa si parla? "Si tratta di un'associazione prodotta dall'Azienda Abbvie: VIEKIRAX (Ombitasvir/ Paritaprevir/Ritonavir) e EXVIERA (Dasabuvir), che prima dell'estate sarà commercializzata anche in Italia, ma che noi siamo riusciti ad avere in anteprima per alcuni dei nostri pazienti".
In pratica come funziona questa terapia? "Il paziente dovrà assumere 3 compresse al giorno (quindi tutto esclusivamente per via orale, senza interferone), per 12 settimane (in alcuni casi 24), con limitatissimi effetti collaterali. Vengono utilizzati 3 diversi agenti antivirali ad azione diretta, ciascuno cioè capace di agire su una proteina specifica del virus, alterandone la struttura e rendendola di fatto inefficace. Ciò si traduce così in una completa inibizione della replicazione di HCV, che esita infine nella definitiva eliminazione del virus dal fegato del soggetto infetto".
Ma perchè si fa ricorso a più farmaci contemporaneamente? "Perchè HCV ha sviluppato la capacità di “resistere” ad un singolo agente antivirale; come qualunque essere vivente il suo obiettivo è quello di sopravvivere ed allora, sotto l'azione di un determinato farmaco, è capace di sviluppare delle mutazioni, di modificare insomma la propria struttura, rendendo di fatto quella molecola inefficace. Ma se interveniamo con più farmaci contemporaneamente, ognuno con un differente punto di attacco, il virus viene come “accerchiato” ed ha pochissime possibilità di sopravvivere. Ed in effetti con la terapia di cui stiamo parlando la guarigione è attesa nel 95% dei soggetti trattati".
Sembra di sentire le stesse parole di qualche mese fa'quando sono stati “lanciati” i primi farmaci di questo tipo. "Si, è proprio così, la strategia terapeutica di cui parliamo oggi si inserisce nel solco già tracciato da qualche mese da Sofosbuvir (Sovaldi) e Simeprevir (Olysio), tutti trattamenti che, sia negli studi registrativi che nella pratica clinica effettuata in altre nazioni dove queste molecole sono state commercializzate prima che in Italia, hanno già ampiamente dimostrato la loro elevata efficacia e le loro estrema tollerabilità".
Ed anche il futuro sembra roseo da questo punto di vista. "Certamente si, perchè negli Stati Uniti ed in altri paesi europei sono stati già immessi in commercio altri farmaci, oltre alla combinazione Abbvie, come il Daclatasvir o il Ledipasvir ed altri ancora sono in fase avanzata di studio. Nel complesso disponiamo quindi di un armamentario che promette in breve tempo la completa scomparsa di HCV dalla faccia della terra".
Tutto ciò ha modificato il vostro lavoro? "Beh si, lo sviluppo di questi trattamenti sta rappresentando una vera e propria rivoluzione come poche altre volte si è visto nella storia della medicina. Fino a qualche anno fa potevamo trattare solo una minima parte dei soggetti con infezione cronica C, soprattutto quelli con epatopatia meno grave e per giunta con probabilità di successo certamente insoddisfacenti (pari al 50%). Queste nuove cure sono invece tutte orali, durano 3 mesi, sono ottimamente tollerate e regalano la guarigione alla stragrande maggioranza dei soggetti trattati, anche in coloro che hanno sviluppato ormai una malattia molto avanzata ed hanno una modesta aspettativa di vita".
Eliminando il virus cosa succede? "Eradicare il virus significa migliorare nettamente le prospettive di vita del paziente, riducendo e quasi azzerando le probabilità di ammalarsi e/o morire per epatopatia; pensi che dopo la guarigione dal virus si assiste addirittura ad una regressione della fibrosi, ad un recupero più o meno completo della normale struttura del fegato. Certamente molto importante è però la fase di malattia in cui si interviene, perchè le possibilità di recupero sono tanto minori quanto più il danno epatico è avanzato. Per questo motivo l'ideale sarebbe trattare non solo i soggetti con cirrosi epatica (che hanno minori probabilità di regressione) ma tutti i pazienti con fibrosi epatica, perchè è soprattutto su quest'ultimi che è maggiormente evidente l'impatto benefico della terapia in termini di morbilità e mortalità".
Purtroppo però c''è la mannaia del prezzo. "Si, al momento il costo di un ciclo terapeutico per un singolo paziente credo che si aggiri, solo per i farmaci, sui 40.00 euro e quindi, se in Italia si dovessero trattare tutti i soggetti con epatite C sarebbero necessari diversi miliardi di euro. È evidente che non possiamo assolutamente permetterci una spesa del genere e quindi necessariamente lo Stato ha dovuto limitare la dispensazione di queste molecole (che da noi è gratuita, non dimentichiamolo) solo ai pazienti con malattia più avanzata, quelli per i quali un ulteriore ritardo sarebbe pericoloso per la loro sopravvivenza".
Anche l'epatite C però ha i suoi costi. "Si, ha costi elevatissimi, soprattutto negli stadi più avanzati di cirrosi ed epatocarcinoma, sia costi diretti (necessari cioè per la gestione ed il trattamento della malattia) che costi indiretti (intesi come perdita di produttività, di giornate di lavoro, come numero di decessi). A tal proposito sono state condotte diverse indagini, ma la più recente è quella del Prof. Mennini (Professore di Economia Sanitaria presso l'Università Tor Vergata di Roma), che ha stimato in Italia circa 407 milioni di euro/anno come costi diretti e circa 645 milioni di euro/anno come costi indiretti. Sono cifre esorbitanti, che però passano sotto silenzio perchè l'epatite C non raggiunge gli onori della cronaca come succede invece per Ebola o per un singolo caso di meningite".
Quale può essere la soluzione? "È urgente una politica nazionale in tema di epatite cronica C, un vero e proprio “Piano Epatiti” così come è stato già fatto in altre nazioni come la Francia o la Scozia. Ma anche a livello locale è necessario un salto di qualità nell'organizzazione sanitaria: non ci si può limitare alla dispensazione di farmaci, ma bisogna considerare invece il problema in tutta la sua complessità, ottimizzare le strategie di presa in carico dei soggetti con infezione cronica C, razionalizzare le spese attuali (che sono ingenti) in modo da dirottare eventuali risparmi alla cura di un maggior numero di pazienti".
Intanto, nell'immediato, non deve essere facile operare delle scelte. Come avviene la selezione dei pazienti da avviare a trattamento? "I criteri di scelta sono molto stringenti e li ha definiti il Ministero, per cui non c'è alcuna discrezionalità da parte del medico, ma certamente non è piacevole comunicare a chi non ha una malattia avanzata l'impossibilità di accedere a questi nuovi regimi e la conseguente necessità di attendere “tempi migliori”, che si spera solo siano brevi. È “spiacevole” doversi confrontare con la delusione, la rabbia, la paura di chi sa che è disponibile un'arma potente per la propria malattia, ma al momento non vi può accedere a causa del costo elevato. Per fortuna è molto più affascinante l'altro lato della medaglia, la possibilità di poter regalare a centinaia di persone (ed ai loro familiari) l'opportunità di guardare al futuro con una luce diversa, con la prospettiva di non avere più sulle spalle questo temibile virus e di dover attendere impotenti l'inesorabile evoluzione della malattia".
I pazienti salentini hanno problemi a reperire queste nuove cure? "Assolutamente no, perchè la ASL Lecce ha autorizzato ben 5 centri per questo specifico compito e quindi si può davvero dire che in questo ambito “emigrare” non serve. Ancora una volta il mio consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico di famiglia per essere poi indirizzati al centro di riferimento competente per il proprio territorio".
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