Tre giorni in luglio

Nemmeno una ventina d’anni di differenza ed ero io designato ad accompagnare una trentina di “anziani” per tre giorni in un villaggio non molto lontano. Tre giorni di un luglio caldo e umido. Passò del tempo prima che qualcuno rompesse il ghiaccio, mentre con il pullman ci si avviava al villaggio. Qualcuno dalle ultime file, cominciò intonando la canzone: “ Quel mazzolin di fiori” , sperava che tutti gli altri lo seguissero cantando insieme: “che vien dalla montagna” . E invece no, fu sommerso dalle note di “ Tutti al mare, tutti al mare…” . Tra una canzone e l’altra si arrivò a destinazione con l’entusiasmo di chi all’improvviso torna ad essere “ragazzo”.
Tutti a registrarsi,  a ritirare le chiavi, ma il tempo di posare le valigie ed erano già tutti in piscina. Qualcuno con le scarpe Nike, o con la camicia a fiori tenuta fuori dai pantaloni e poi jeans, occhiali a specchio, bracciali e collane. 
Un anziano con disegnato un bel “cavalluccio marino” sulla maglietta, qualcuno con la bandana, qualcuno con  la paglia e tanti, tanti colori forti, color pastello. Le donne invece si dividevano tra minigonne e bikini mozzafiato, tra treccine e codini. Si sentivano “affascinanti e affascinati” e intanto riscoprivano vecchie gelosie, vecchie passioni, vecchi amori.
Qualcuno è attaccato al telefonino da un po’ a parlare ad alta voce per sentirsi, a tranquillizzare un figlio, a raccontare ad una figlia, per una compressa dimenticata, la “pressione” aumentata, per aver “bevuto” un po’ di più, fumato un po’ di più.
Sono tutti tornati ragazzi, sono tutti a ballare come allora, vestirsi come allora, camminare come allora. Anche le canzoni sono quelle di “allora”. Ma quando partì “Tintarella di luna” beh, quei vecchietti un po’ per il vino, un po’ per il sonno andarono in delirio. Ma non si diedero per vinti, continuarono imperterriti a cantare fuori tempo, a saltellare e barcollare. Poi arrivarono i lenti a dare un po’ di respiro, ed allora tutti guancia a guancia, sfiniti e sudati, ma abbracciati nel “ballo del mattone”.
Era quasi l’alba quando scese la notte sul villaggio. L’indomani qualcuno si alzo col mal di testa, qualcuno col mal di stomaco, qualcuno era sempre a correre alla ricerca di un bagno.
Era quasi mezzogiorno quando il villaggio  tornò alla normalità, quando si ripristinò un po’ di allegria, un po’ d’entusiasmo, ma non quanto il giorno prima. E così anche per il giorno successivo, tutto andò a scalare, tutto andò a finire. Erano stati bene quella  notte, erano tornati giovani per quella notte e forse quella notte per loro valeva quanto l’intera vita. Si sarebbero ritrovati o forse no, si sarebbero incontrati o forse no. Si sarebbero rivisti nella prossima estate, in un altro posto, in un’altra occasione. Chissà!!
Era tutto possibile e nello stesso tempo era tutto impossibile, per la salute, l’età, la voglia. La strada del ritorno fu lunga, nel pullman erano tutti a dormire, erano abbronzati ma anche sfiniti. Arrivammo che era quasi sera, il crepuscolo di una giornata di sole, l’ennesima di quella estate. Qualcuno aveva il figlio che lo aspettava, qualcuno ad aspettarlo c’era un amico,  qualcuno un vicino di casa, un ex collega, un compagno di “circolo”, di villa,  di scuola. E quasi in coro a dire “ci siamo divertiti” “ è stato bello” e intanto a salutarsi, ad abbracciarsi.
Per tutto  il tempo di quella breve vacanza, uno della comitiva, era stato quasi sempre da solo, in disparte, forse triste e anche quando qualcuno cercava di coinvolgerlo, di infilarlo nella “festa”, con infinita dolcezza rispondeva che : “amava stare così, si divertiva così, era felice così”. Per lui all’arrivo non c’era nessuno.
Ci trovammo nella chiesetta del suo rione, dopo neanche una quindicina di giorni, tutti quanti a dargli l’ultimo saluto. Qualcuno ci disse che quella vacanza era stata il suo ultimo desiderio e che era tornato straordinariamente felice, come mai negli ultimi tempi. Sapeva di dover morire, ma noi non lo sapevamo.
Lo accompagnammo nel suo ultimo viaggio tra ricordi e racconti e quella fu l’ultima volta che ci trovammo tutti assieme. Non si organizzò più niente e nessuno si chiese  il perché.
Era bastata quella bellissima volta, un’altra l’avrebbe solamente sciupata.
Era irripetibile, era unica,  era l’ultima.

Domenica, 26 Luglio, 2015 - 00:05