"Sono stata adottata"

Sono  stata adottata qualche anno dopo che ero nata, sono stata fortunata, sono stata amata e sono cresciuta felice tra calore e colori. Ho conosciuto la mia storia che ero già grandicella e senza togliere neanche un filo di bene a mia madre e mio padre che m’avevano cresciuta non ho avuto più pace. Volevo conoscere la storia, la mia storia.
Ho chiesto a mia madre tutto ciò che sapeva e lei m’ ha raccontato tutto ciò che sapeva.
Poi di più, volevo sapere di più. Erano passati un bel po’ di anni e mia madre a cercare di accontentarmi,  cercare di aiutarmi sempre. Ero  incuriosita e forse anche un po’ ossessionata. Volevo solo sapere, sapere e basta e forse capire, capire e basta. Non volevo modificare di nulla la mia vita, solo conoscere quel che non sapevo, conoscere qualcosa che mi chiedevo.
Mia madre mi aiutò in tutto quel non breve e tormentato percorso, sino a quando mi accompagnò ai bordi di una periferia deserta di un paese non molto lontano, lì  dove avrei incontrato chi al mondo mi aveva messo.
Restò fuori, dall’altro lato della strada, apparentemente serena, ma profondamente impaurita.
Tornai dopo quasi un’ora. Lei non si era mossa di un millimetro, era ferma quasi immobile.
Avevo gli occhi lucidi e lei sapeva il perché.
Avevo saputo tutto quanto volevo sapere o forse quasi tutto, ed era  stato difficile sapere, scoprire, capire.
Non chiese mai nulla e per tutto il tempo che venne, non volle mai sapere quello che c’eravamo dette, se avessero avuto risposta tutte quelle mie domande, tutte quelle domande   che  avevano modificato tante mie giornate e tante mie nottate.
Non seppe mai di cosa avevamo parlato, le bastarono le parole che le dissi appena la raggiunsi dall’altra parte della strada: -Grazie mamma . –
Volevo solo tranquillizzarla, era infreddolita, davanti a quel semaforo spento da chissà quanti anni, tra buche piene d’acqua e sacchi pieni di rifiuti sparsi qua e là.
Fuori da quel cancello di ferro, che si apriva e si chiudeva con un rumore assordante  e che chiudeva muri altissimi che sembrava toccassero il cielo e  toglievano la libertà.
- Le ho detto che sto bene. Le ho raccontato un po’ di noi. - Aggiunsi dopo un po’.
Poi la presi per mano e camminammo per un po’ sino a veder scomparire nel buio quelle mura.
Non faceva freddo, ma la sua mano era incredibilmente fredda, gelida. La misi al caldo nella tasca del mio cappotto e ci mise un bel po’ di tempo per riscaldarsi. Ma ci riuscii.
E forse insieme alla mano le riscaldai anche il cuore.

Domenica, 16 Aprile, 2017 - 00:04