"Quegli impiegati postali che anche nei giorni di massima emergenza sono rimasti in prima linea per garantire un servizio alla collettività"

Gentile Direttore, Seguo sempre con grande interesse il giornale online che dirige. Apprezzo la linea editoriale che Lei ha dettato e condivido spesso quanto Lei e i suoi collaboratori pubblicate anche in virtù dei toni decisi ma sempre pacati che vengono utilizzati e dell'onestà intellettuale che li contraddistingue. Ma stavolta, caro Direttore, mi sono sentito offeso dall'editoriale apparso in data 15 maggio sull'odio riversato su Silvia Romano.
Sia ben chiaro, non per i contenuti. La nostra costituzione difende la libertà di culto ed io credo fermamente sulla laicità dello stato. Cristiano, Mussulmano, Buddista, Induista non fa differenza. Ciò che conta è la persona. E non ho alcuna remora sul fatto che lo stato abbia pagato o meno un riscatto: un figlio della patria va riportato a casa, a qualsiasi costo. Trovo aberranti le illazioni fatte da taluni individui, a mio pare indegni di appartenere al genere umano.
Ma gentile Direttore non condivido un passaggio ben preciso. Per l'esattezza il punto in cui vengono chiamati in causa gli impiegati postali. E per due ragioni. Innanzitutto vengono messi in contrapposizione agli intellettuali, se pur virgolettati. Come se un impiegato postale non possa essere dotato di un intelletto degno di nota. E in seconda analisi, perché vengono nominati in un contesto dispregiativo, di chi vomita cattiverie sulla povera Silvia che ha passato un anno e mezzo d'inferno insieme alla sua famiglia. Proprio quegli impiegati postali che anche nei giorni di massima emergenza sono rimasti in prima linea per garantire un servizio alla collettività.
Può essere che l'autore dell'articolo abbia avuto un'esperienza negativa con qualche impiegato ma come Lei mi insegna, generalizzare su un'intera categoria non può che fomentare odio. Continuerò a seguirLa come sempre, con la stessa attenzione e con lo stesso interesse.
Cordialmente.

Gentile Impiegato Postale, ho scritto “impiegati delle Poste” e “casalinghe”; avrei potuto dire, indifferentemente, panettieri o insegnanti, netturbini o studenti, carpentieri, commercianti, infermieri, oppure camionisti, fruttivendoli, impiegati, geometri, contadini… Intendevo citare categorie diverse di persone comuni che, attraverso il meccanismo perverso dei social network e di un modello distorto di democrazia, partecipano all’agone dietro la tastiera e lanciano sulla rete scampoli di odio pericoloso perché fatalmente contagioso.
Le chiedo scusa se si è sentito offeso dalle mie parole, davvero e ricambio i suoi saluti.
libione (Una cliente (affezionata) delle Poste e figlia (orgogliosa) di una casalinga)




Sabato, 16 Maggio, 2020 - 00:05