Primo Maggio
1 Maggio come giornata di lotta e memoria storica ma con contenuti pieni di emergenze sociali che indeboliscono ancora i più deboli, conseguenza di un andazzo che sta producendo una mediocrità montante della classe dirigente che si ubriaca e ubriaca il paese di improvvisazioni e di dilettantismo.
Segni che forniscono spiegazioni sufficienti per comprendere quali siano i meccanismi perversi di acutizzazione del disagio e dell’insoddisfazione generale, portatrice perenne di guasti terribili, nell’attesa di un corpo politico di prima grandezza con un meccanismo di elezione nuovo, lo si spera, capace di scompigliare la perversa giostra attuale. Eppure le difficoltà in atto non potranno essere superate se non con una crescita di consapevolezza collettiva, di prese di posizioni riflettute e ragionate a lungo per estenderle poi, con una diversa cultura, a chi voglia impegnarsi civilmente.
Le scelte vanno sostenute con consapevolezza e senza alcuna paura, nonostante gli ostacoli, i momenti di sconforto e le difficoltà insite in ogni problematica. E’ da ipocriti lamentarsi di mancati provvedimenti da parte delle Autorità competenti, protestare, e poi far parte di gruppi di pressione che bloccano tutto in quanto i rimedi attuati toccano i propri interessi che, con sofismi giuridici, si cerca di tutelare con la tattica del rinvio (tanto un rinvio non si nega a nessuno), pur di eludere il fastidio. Quanta delusione! Si potrebbero esercitare diritti, avendo le carte in regola, per stare al passo con i tempi e mettersi al servizio della collettività senza essere costretti ad essere autoreferenziali. Potrebbe migliorare l’immagine del posto in cui viviamo, rendendolo idoneo al dialogo costruttivo per affrontare problemi concreti piuttosto che girare a vuoto attorno ai massimi sistemi o a minimi interessi di questo o quel gruppo. Infine la competenza potrebbe risollevarci dalla disgregazione nefasta che ci attanaglia, in cui la coscienza dei singoli progressivamente si scinde da quella collettiva; forse eviteremmo crisi e violenza, con la conseguente tendenza alla dissoluzione dei meccanismi di appartenenza a gruppi e istituzioni capaci di rendere stabile la propria coesione interna e di gestire le proprie trasformazioni.
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