Più o meno vent’anni

Insomma a diciott’anni l’estate portava insieme al caldo, qualche breve  innamoramento, qualche breve passione, qualche breve amore che il primo venticello fresco d’autunno portava via con se. Ci sentivamo più liberi, avevamo più occasioni, c’erano più possibilità di incrociare sguardi e silenzi. Parlavamo di latino e di italiano, di futuro e di fortuna, di canzoni e di passioni. Poi verso la fine dell’estate c’era ogni giorno qualcuno che andava via, che rientrava in città ed erano saluti e promesse. Promesse di incontrarsi, di rivedersi e forse succedeva davvero, o forse no.
Restavano sempre meno e sempre meno era la voglia di fare qualcosa la sera.
Le luci spente del “bar” dove c’eravamo incontrati tutta l’estate, erano il segnale che l’estate “era finita”.  Continuavano ad accendersi solo il sabato e la domenica ma per noi era un motivo di attesa, di gioia,  era poter vivere gli ultimi scampoli di una  stagione che pian piano scompariva.
E al dispiacere della fine dell’estate si aggiungeva il dispiacere dell’inizio della scuola e dei suoi ormai ossessivi “può fare di più”. Distratto dalla mia fantasia, quel “di più” non lo feci mai,  malgrado le continue attenzioni di genitori e insegnanti.
Al secondo tentativo presi a stento il “diploma” e quell’anno l’estate partì, per via degli esami, in ritardo, ma ero così felice di aver finito gli  studi che sicuramente avrei recuperato in breve tempo.
Fu così solo all’inizio, poi il fatto di non dover più andare a scuola un po’ di tristezza me la dava e insieme un po’ di responsabilità e anche un po’ di paura.
Sentivo stranamente responsabilità mai sentite. Erano le prime.
Qualche anno ai 20, un pezzo di carta tra le mani e tanta, troppa incertezza. Non dover iniziare un nuovo anno scolastico mi fece star male e tante speranze, tante promesse e tante certezze cominciarono a venir meno.
Neanche l’estate fu quella di prima. Rimpiansi a lungo la scuola che avevo sempre “odiato” e partii militare perché allora se non avevi fatto il militare era difficile trovare un lavoro.
Al ritorno mi sembrò tutto diverso, tutto cambiato, di tanti amici avevo perso ogni traccia, qualcuno mi dissero era fuori per motivi di studio, qualche altro per lavoro, qualcuno si era già sposato. E la mia “amica del cuore” quella a cui non avevo mai trovato il coraggio di dire “qualcosa” s’era fidanzata. Fidanzata con un ragazzo della nostra comitiva.
Insomma trovai il mondo “capovolto” e a dire il vero così rimase a lungo.
Quei luoghi fortunatamente sono rimasti intatti, quel muretto e quei gradini sono gli stessi e  tutte le volte   che passo davanti, mi rivedo in quell’angolo di strada a ridere, a scherzare, a volte  fumare.
Pronti per un’altra serata, un’altra nottata. Mi rivedo col mio completo preferito, pantaloni bianchi e camicia azzurra e dentro “più o meno vent’anni”.

Lunedì, 12 Ottobre, 2015 - 00:04