Parroco della Città

"San Sebastiano" festeggia i 50 anni di sacerdozio di don Aldo Santoro

“Per quattordici anni voi avete dato una mano a me ed io l’ho data a voi nella carità”. Don Aldo Santoro è sempre emozionato quando parla ai suoi ex-parrocchiani di San Sebastiano. Dal 2010 il monsignore prelato di Sua Santità è il preposito della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo ma il suo cuore continua a palpitare sotto la tenda piantata sulla collina più alta della città.
“Non ho scritto un discorso”-dice in apertura dell’omelia durante la messa di ringraziamento concelebrata con don Dario De Pascalis, per i suoi cinquanta anni di sacerdozio. Ieri ricorreva anche il cinquantesimo anniversario della sua prima messa solenne celebrata il 10 luglio 1966 nella Matrice.
Il racconto di una vita vissuta a servizio della Chiesa da umile lavoratore “nella vigna del Signore” si dipana con semplicità ed è punteggiata di tappe, episodi , incontri e decisioni importanti anche per la storia della Comunità cattolica pugliese. Reggere il seminario regionale di Molfetta non fu compito facile negli anni della contestazione giovanile “arrivata anche nei seminari”. Fu anche una scelta che poteva quasi sembrare “impossibile” accettare, su invito di monsignor Motolese,  di fondare e dirigere, poi per dodici anni, il seminario regionale di Taranto. “Solo due anni fa è diventata pubblica la notizia che prima di chiederlo a me quella opportunità era stata offerta a don Tonino Bello, mio carissimo amico, che non se l’era sentita di accettare”.
Tantissimi sacerdoti, fra cui don Dario, successore di don Aldo a San Sebastiano, ed alcuni vescovi sono stati suoi allievi e lo ricordano tutti come un esempio da seguire.
Gli anni dal 1996 al 2010 passati nella “famiglia che siamo riusciti a creare tutti insieme” sono quelli che hanno indubbiamente lasciato il segno più profondo nella vita di colui che oggi è universalmente riconosciuto e seguito come il Parroco e la guida spirituale dell’intera città di Galatina.
Le realizzazioni di quegli anni, poste in essere soprattutto con i giovani (la musica, il coro, il campetto, la biblioteca, il giornale) con una grande attenzione agli scout, riescono ancora a far inumidire gli occhi di un uomo di chiesa che riusciva a tenere fronte alle inevitabili critiche citando gli insegnamenti di San Giovanni Bosco.
Il passaggio in Chiesa Madre è poi coinciso con alcuni anni di malattia (“Ho capito le sofferenze dei miei fratelli ammalati”) che ora sembrano superati ma hanno lasciato qualche segno nel fisico, non certamente nell’animo.
Fernanda Colopi, a nome di tutti i suoi ex-parrocchiani, interpretando i pensieri di chiunque lo abbia conosciuto, gli augura di continuare “ad operare per il bene della Chiesa”. Un lungo affettuoso applauso ed il dono di un calice e di una patena (“disporrò che quando, non potrò più usarli, ritornino in questa chiesa”) diventano un abbraccio di una comunità che in una calda domenica di luglio ha riempito la chiesa per il suo parroco più amato.

Lunedì, 11 Luglio, 2016 - 00:44

Galleria