Orazio Congedo, ‘padre amorevolissimo delle orfanelle’
‘Raro esempio di amore del prossimo’ e ‘padre amorevolissimo delle orfanelle’: questi gli appellativi indelebilmente incisi nel marmo, con i quali il 14 luglio 1886 la Congregazione di Carità di Galatina, che gestiva l’Ospedale e l’Orfanotrofio della Città, ha trasmesso ai posteri il ricordo di Orazio Congedo, nato a Galatina il 27 agosto 1793 da Giuseppe e Francesca Congedo. Egli, dopo aver frequentato le Scuole Pie di Campi e completato gli studi secondari nel Collegio dei Gesuiti di Lecce, s’iscrisse all’Università di Napoli, dove si laureò poi in Giurisprudenza.
Giovanissimo, in qualità di avvocato, si dedicò gratuitamente all’assistenza legale dei contadini che trovavano difficoltà nell’affrancamennto dei propri campi dai vincoli della feudalità, abolita dai re napoleonidi, Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, nel 1° quindicennio dell’800.
Il 12 luglio 1834, per espressa decisione del Governo Borbonico, i beni dell’ex Università degli studi di Castro, rappresentati dalle proprietà degli ex conventi di Andrano, Marittima e Poggiardo e dalla somma di ducati 2880,70 in Titoli di Debito Pubblico, furono consegnati alla Commissione Amministrativa delle Scuole di Galatina, costituita dal sindaco Diego Mongiò, dai deputati Giuseppe Papadia e Giacinto Leuzzi e da Orazio Congedo, in qualità d’invigilatore. E’ evidente che l’opera di quest’ultimo era essenziale nello svolgimento dei molteplici compiti di detta Commissione, che andavano dall’amministrazione del patrimonio all’impianto e gestione delle scuole, dal reperimento e l’assunzione dei docenti alla vigilanza sull’andamento didattico–disciplinare delle scolaresche. Purtroppo, nonostante il generoso impegno del Nostro, il funzionamento delle scuole, iniziato nel 1836, per circa 18 anni andò avanti stentatamente per mancanza di metodo, di cura e di continuità didattica, dovuta alla irreperibilità di buoni maestri .
Per questo le Autorità municipali, verosimilmente sollecitate dall’invigilatore Orazio Congedo, presto si convinsero dell’opportunità di affidare la direzione e l’insegnamento delle scuole a Religiosi dediti all’istruzione e all’educazione della gioventù.
Le trattative con i Padri delle Scuole Pie, presso i quali, come già detto, il Nostro aveva compiuto i suoi primi studi, furono già intavolate nel 1839, ma non ebbero seguito, perché il Municipio, mentre da un lato aveva per le scuole le necessarie risorse finanziarie, dall’altro non disponeva di un edificio con annessa chiesa aperta al pubblico, come richiesto dagli Scolopi. Solo nel 1850 ci fu finalmente la possibilità di disporre di un siffatto stabile, perciò nell’ottobre del 1853, previo regio assenso del 26 agosto u.s., furono aperte al pubblico le Scuole Pie a Galatina.
Il carattere generoso e mite e la solida preparazione culturale, maturata sia con lo studio del diritto che con quello di lettere e filosofia, portavano Orazio Congedo a dire ai giovani studenti: “…A nulla approda ammaestrar l’intelletto, lasciando da parte il cuore; anzi l’educazione del cuore e l’istruzione, specchiando in sé l’unità indivisibile dello spirito, ove procedano discongiunte, offendono qualunque manifestazione dello spirito in ordine al pensiero e all’opera”.
Negli anni quaranta dell’800 il Nostro aderì alla “Carboneria”, partecipando alla fondazione della “vendita carbonara dei Bruti”, ma presto se ne distaccò, non intendendo compromettere con la cospirazione politica i propri amici. Si dedicò, quindi, a tempo pieno alle opere di carità, sull’esempio dell’amato fratello Gaetano, insieme al quale fece dono agli abitanti della borgata di Noha dell’orologio pubblico di piazza S. Michele e della cosiddetta “trozza”, pozzo artesiano profondo circa 90 metri, dotato di un grandioso puteale in pietra leccese: su un lato di questo campeggia lo stemma della famiglia Congedo, mentre sul lato opposto è incisa l’iscrizione “HAURIAR NON EXAURIAR” (disseto, non mi esaurisco), a significare che i donatori avevano inteso alleviare la scarsezza di acqua nell’abitato della borgata, situato in zona rocciosa e quindi privo di pozzi alimentati dalla falda acquifera superficiale.
Il governo del neonato Regno d’Italia, nell’intento di organizzare con criteri unitari la pubblica assistenza e beneficenza, emanò il 3 agosto 1862 la “legge sull’amministrazione delle Opere Pie”, che istituiva in ogni Comune la Congregazione di Carità (C.d.C.). Scopo di questa era l’amministrazione dei beni destinati a favore dei poveri e la distribuzione dei soccorsi. Essa, quindi a Galatina era preposta alla gestione dell’Ospedale, dell’Orfanotrofio e dell’erigendo Monte dei Pegni, per il quale Gaetano Congedo nel 1859 aveva disposto un lascito di 1000 ducati. La C.d.C. fu operativa dal 1° gennaio 1863 sotto la presidenza di Orazio Congedo, la cui elezione fu accolta con grande soddisfazione dai galatinesi, che di lui apprezzavano il carattere mite, la religiosità, la solida formazione culturale e soprattutto la totale disponibilità a pubbliche e private elargizioni a beneficio dei bisognosi. A tal proposito Egli, a quanti gli proponevano di aumentare e migliorare il proprio patrimonio, era solito rispondere: “…ma non sapete che le mie rendite sono dei poveri e che non ho il diritto di spenderle per me?”
Orazio Congedo come pubblico amministratore operò con grande saggezza, avendo cura di evitare tutte le occasioni che avrebbero potuto creare pericolose controversie. Contrario ad ogni forma di spreco, fu molto impegnato a migliorare le risorse delle Opere Pie, a cui era preposto.
Egli, molto attento nel ridurre i disagi della permanenza degli infermi nell’ospedale e delle orfanelle nell’istituto “Madonna della Purità”, già nei primi tempi di presidenza fece adottare provvedimenti significativi, anche se apparentemente di poco conto, come per esempio:
- l’aggiunta del suono dei quarti d’ora all’orologio interno del nosocomio;
- l’installazione “ne’cessi de’saloni degl’infermi di vasi inodori e di doccioni”;
- l’acquisto di una bagnarola in rame e della stufa per riscaldarne l’acqua, necessarie per l’igiene e la la cura e degli ammalati;
- l’acquisto di una portantina per il trasporto degli infermi;
- l’edificazione accanto al pozzo dell’Orfanotrofio di un locale idoneo sia per installarvi le “pile”, in cui lavare i panni, sia per costruirvi un “novello focolare” al fine di rendere meno penose le operazioni del bucato.
Più volte confermato nell’incarico di presidente della C.d.C., il Nostro fece approvare per l’Orfanotrofio lo “statuto organico”, che rispetto ai precedenti regolamenti conteneva::
- il riferimento alla donazione fatta da lui stesso affinchè fosse aumentato di tre unità il numero delle orfane ospitate;
- il riconoscimento ad ogni orfana del diritto a due terzi (e non come prima ad un solo terzo) del frutto del lavoro effettuato dalla stessa dopo il compimento del 15° anno di età, al fine di potersi formare una dote di lire ottantacinque per quando sarebbe passata a marito;
- il dichiarato dovere degli amministratori a salvaguardare “il danaro del povero”.
Egli anche per l’Ospedale, per il quale non esisteva un documento che ne regolasse dettagliatamente il funzionamento, promosse l’approvazione dello “statuto organico”, determinando con questo anche il superamento del carattere promiscuo dell’Istituto. Infatti, mentre in passato avevano sempre goduto dell’hospitalitas sia gli anziani indigenti che gl’infermi bisognosi di cure, invece l’art.2 dello “statuto organico” disponeva testualmente che il nosocomio aveva lo scopo:“1° di accogliere e curare gli infermi poveri;2° Di somministrare gratuitamente medicinali agli altri ammalati poveri del Comune; 3° Di sussidiarli ancora con razioni di vitto a domicilio quando il bisogno richiede.”
L’ex casa Scalfo, sede dell’Orfanotrofio, a parte due saloni, aggiunti a partire dal 1863 per iniziativa della Superiora delle Figlie della Carità, era rimasta pressoché inaltererata per oltre 75 anni. Ma dopo il 1873, sempre su proposta di Orazio Congedo, andò assumendo sia nelle dimensioni che nell’aspetto la grandiosità architettonica che tuttora è possibile constatare.
I’ampliamento, progettato dall’arch. Fedele Sambati, fu dato in appalto per le opere murarie al costruttore Marino Mangia, al quale furono poi corrisposte in totale lire 10.381. Questa e le altre somme, necessarie al completamento dell’opera, erano state ricavate esclusivamente dalla vendita del prodotto degli oliveti di proprietà dell’Istituto, sebbene nella seconda metà del XIX secolo, a causa della crisi degli affitti, frequentemente venivano alienati non pochi poderi. Ma il ricavato di tali vendite veniva investito dalla C.d.C. in Rendita Pubblica, poiché il presidente Congedo sosteneva con fermezza che il relativo importo faceva parte del patrimonio dell’Istituto, i cui frutti erano destinati al sostentamento delle orfane.
L’art.6 dello Statuto dell’Ospedale prevedeva fra l’altro che non potevano esservi ricoverati ammalati cronici. Tuttavia da tempo le Figlie della Carità avevano ricoverato e sostenuto con proprie economie cinque di tali infermi. Questo comportamento esemplare delle Suore indusse Orazio Congedo a programmare la donazione al Nosocomio di una rendita annua di lire 1000, che egli possedeva nel Gran Libro del Debito Pubblico, affinchè si provvedesse in perpetuo alla cura di cinque ammalati cronici. Secondo il Codice Civile per tale elargizione era necessario un atto notarile del donante, da farsi però dopo l’accettazione del donatario (cioè dell’ ospedale), anche questa fatta con atto pubblico.
In occasione della riunione della C.d.C. del 13 giugno 1880 il Nostro informò i convenuti del proprio proposito, ottenendone unanimi complimenti e sinceri ringraziamenti. La notizia fu regolarmente verbalizzata, ma ciò non significava che fosse già avvenuta la donazione, per la quale erano necessari i due sopraccitati atti pubblici. Ma non fu dello stesso parere un Ispettore del Registro, il quale, letto il verbale, ingiunse all’Ospedale il pagamento della tassa di registro, della doppia tassa per mancata denunzia della donazione, nonché della penalità per mora.
L’assurda presa di posizione dell’Ispettore provocò un’interminabile vertenza, nella quale a vario titolo furono coinvolti l’Intendente di Finanza della Provincia, il Ministro Guardasigilli, il Ministro delle Finanze e anche la Deputazione Provinciale di Terra d’Otranto.
Con l’intervento del Guardasigilli la donazione in questione fu regolarmente stipulata il 22 giugno 1882, ma la controversia con gli Uffici Finanziari per la cancellazione delle penalità durò quasi fino alla fine del 1883.
Però successivamente la stessa donazione non fu immediatamente utile agli ammalati cronici, perché si rese necessaria la modifica dell’art. 6 dello Statuto, il cui 3°comma vietava il ricovero nell’Ospedale degli affetti di malattie croniche o contagiose o da sifilide. Per ovviare a questo inconveniente il Comune doveva ottenere dall’ Autorità Tutoria detta modifica. Purtroppo, dopo uno scambio epistolare tra la Prefettura e il Comune e tra quest’ultimo e la C.d. C., durato fino a tutto il 1884, ciò non avvenne. In seguito per oltre tre anni e mezzo nulla fu fatto, mentre in succesione ben 4 assessori fungevano da sindaco. Il 14 luglio 1888 Raffaele Papadia, sindaco in carica dal gennaio 1886, tornò sull’argomento, ma soltanto dopo un ulteriore scambio epistolare durato altri nove mesi, con delibera approvata il 31 maggio 1889 dal Consiglio Comunale (quando era sindaco Pasquale Micheli), e poi confermata dalla Giunta Provinciale Amministrativa, si pervenne alla seguente modifica statutaria: “Nell’Ospedale saranno soltanto ammessi gli infermi di malattie acute e non contagiose, né sifilitiche. Non di meno si terranno in perpetuo e senza interruzione cinque poveri affetti da malattie croniche ai sensi della donazione del fu Orazio Congedo, rogata dal notaio Pietr Garrisi il 22 giugno 1882.”
Trascorsero dunque ben nove anni prima che le risorse della donazione Congedo fossero utilizzate a favore dei poveri ammalati cronici. Purtroppo ciò avvenne quando il generoso Donatore era morto da circa tre anni, il 13 luglio 1886, dopo aver trascorso i suoi ultimi sei anni di vita nell’amarezza, provocatagli dalla gretta incomprensione di pubblici funzionari, dalle lungaggini della burocrazia e dalle omissioni degli amministratori comunali, che in successione avevano ostacolato la solidarietà verso gl’indigenti, che era stata l’habitus della sua lunga vita. Orazio Congedo fu rimpianto da tutti i galatinesi e onorato con lapide nel vecchio Ospedale e nell’Orfanotrofio e con l’intitolazione della strada che, partendo dall’angolo nord-est di piazza S. Pietro, s’inoltra verso est nel centro storico. Al n. 29 di questa c’è il grande palazzo (gravemente manomesso e lottizzato), nel quale il Nostro nacque e visse per 93 anni.
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