"Onore ai caduti per la Patria, pietà e cordoglio per tutte le vittime della guerra". Il discorso del Sindaco

"VIVA le Forze Armate strumento di pace, VIVA l’Italia unita!"

Gentili concittadine e concittadini, Autorità civili, militari religiose, Signori rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, Uomini e donne delle forze dell’ordine ( Corpo di Polizia Municipale, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza)Associazioni Protezione Civile, Militari tutti, Ragazzi e Ragazze che, cogliendo il grande significato di questa giornata, siete accorsi così numerosi.Anche quest'anno, in occasione della celebrazione della giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, l’Amministrazione Comunale ha voluto organizzare in forma solenne questa manifestazione, perché sente come un dovere, condiviso da tutta la nostra comunità, l’esigenza di esprimere riconoscenza a chi ha sacrificato la propria esistenza per la Patria e umano cordoglio per chiunque abbia perso la vita in guerra. A loro, davanti a questo Monumento, tributiamo la nostra riconoscenza per averci consegnato un’Italia libera ed unita.  È per questo che quella di oggi non può e non deve essere considerata soltanto una giornata di celebrazione, ma è soprattutto una giornata nel segno del ricordo, in cui ci ritroviamo in luoghi e di fronte a monumenti che ci richiamano a portare il nostro pensiero a eventi solo all’apparenza lontani, ma in realtà ancora e sempre attuali, perché la libertà ed il senso di appartenenza ad una comunità nazionale che viviamo nel nostro presente trovano proprio in quegli avvenimenti le loro premesse ed il loro fondamento.
Ad unirci oggi è l’omaggio che tributiamo ai caduti di tutte le guerre e la gratitudine nei confronti di chi è andato consapevolmente incontro al sacrificio, nella convinzione profonda di portare un contributo alla costruzione di un futuro migliore per il nostro Paese, un futuro che non deve richiedere ancora lo stesso, doloroso sacrificio.

Ringrazio, quindi, con sincerità tutti i presenti che hanno voluto onorare questa circostanza con la loro partecipazione.

Sino a pochi anni fa, il IV Novembre rappresentava nel calendario delle ricorrenze annuali la celebrazione di una vittoria militare, quella della Prima Guerra Mondiale, considerata anche l’ultima delle guerre risorgimentali. Ma prima ancora che la veste ufficiale di questa ricorrenza venisse cambiata, intitolandola all’Unità Nazionale ed alle Forze Armate, nella percezione generale degli italiani il IV Novembre è diventato sempre più un importante ed indispensabile momento di riflessione sull’agghiacciante carico di sofferenze e dolore che consegue ad ogni guerra.
Proprio i numeri impressionanti del primo conflitto combattuto su scala planetaria (con i suoi milioni di morti, tra i quali 600.000 italiani) ci fanno comprendere quanto catastrofico ed irrimediabile sia il ricorso alle armi per la risoluzione delle controversie. Quella di una guerra è infatti una triste “contabilità”, che ha sempre un saldo negativo, perché alla fine di qualsiasi guerra più che vinti e vincitori ci sono vite spezzate e ferite sociali difficili da rimarginare.
Ma una volta che il ricordo lascia i libri di scuola diventa consapevolezza collettiva vera perché mai più una guerra sconvolga la nostra pacifica convivenza.
Purtroppo no!
Ed allora ecco perché quella di quest’anno non è una celebrazione come le tante che l’hanno preceduta perché Cento anni fa… ci fu la Grande Guerra (1914-1918), sì “Cento anni fa… la Grande Guerra” è il titolo del progetto cui con Delibera Municipale abbiamo dato inizio, siglando un protocollo con il Centro di Studi e Relazioni Atlantico Mediterranee (CESRAM) presidente la Prof.ssa Giuliana Iurlano,  e con Intercultura Onlus, insieme ad altri Soggetti come: l’Università del Salento, la Prefettura, la Provincia, l’Ufficio scolastico territoriale di Lecce, il Comune di Lecce, il Centro di Documentazione Storica sulla Grande Guerra (Comune di San Polo di Piave) CEDOS, Archivi di Stato e Archivi Privati, Museo Castromediano, progetto inserito nell’ambito delle Manifestazioni Nazionali per il centenario della nascita dell’Associazione Internazionale AFS (American Field of Service-Intercultura) con il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, della Provincia Autonoma di TRENTO, Comuni di Trento e Rovereto, del Comitato per il Centenario della Prima Guerra Mondiale (istituito dal Governo italiano il 3 novembre 2013).

Un progetto che mettendo insieme Scuola, Università e Territorio consentirà di superare le lacune di conoscenza, e porterà con un lavoro triennale (il progetto si concluderà nel 2018) a valorizzare lo straordinario patrimonio di testimonianze materiali e immateriali del primo conflitto che spesso giacciono ignorate e che quindi sono a rischio di una definitiva perdita, a conservare la dimensione storico-culturale degli eventi passati, attraverso il recupero di luoghi in cui gli eventi sono accaduti al fine di tramandare la propria storia alle generazioni future, ad organizzare mostre, convegni e manifestazioni a carattere storico-commemorativo o altre iniziative.

Ecco che chiederemo a tutti i nostri concittadini, a partire dai  nostri giovani, di costituire laboratori di ricerca attiva, nelle scuole e oltre le scuole, solo così dietro ed intorno ai nomi dei caduti galatinesi incisi su lapidi e monumenti si realizzerà un abbraccio di conoscenza e consapevolezza che la generazione presente e quelle future mai più dimenticheranno! Ecco perché torneremo nei luoghi del conflitto laddove tanti italiani soprattutto giovani, - da sempre la vittoria a Vittorio Veneto il 4 novembre del 1918, è stata vista come il frutto del sacrificio dei ragazzi del 1899! – appena diciottenni andarono a combattere e trovarono in tanti la morte! Che non accada mai, mai più!

Ecco perché, sempre dalla Prima Guerra Mondiale, scaturì la volontà che sempre le vie diplomatiche devono avere priorità come modalità di ricomposizione dei conflitti. A questo proposito, sia sempre presente nei nostri pensieri il richiamo di Papa Paolo VI all’Assemblea delle Nazioni Unite, quando nel 1965 implorò i popoli del mondo di aborrire la guerra, portando un messaggio che anche i suoi successori si sono instancabilmente impegnati a diffondere e che ha segnato con particolare profondità il Pontificato di Giovanni Paolo II.

Carissimi concittadini, oggi, per l'ennesima volta, ci ritroviamo con la consapevolezza che ci sono valori alti a cui bisogna assegnare un primato inequivocabile: la difesa della vita, la dignità di ogni singola persona, la disponibilità all’aiuto reciproco e la responsabilità nei confronti della comunità di cui facciamo parte, ancor più in un momento di difficoltà come quello che la nostra società sta attraversando, chiedendo ad ognuno di noi sacrificio e solidarietà, condivisione di un orizzonte comune e disponibilità a lavorare per l’unità e la coesione. Qualcuno afferma che celebrazioni come questa siano ripetitive e prive di significato: personalmente, sono sempre più convinto che si tratti di una posizione sbagliata.

Sono al contrario profondamente convinto che circostanze come quella di oggi siano una preziosa opportunità per aprirci ai valori della fratellanza e per farci soffermare sull’esempio e la testimonianza di chi ha pagato con la vita l’ostinata negazione di questi valori da parte di un mondo troppo spesso ed in troppi luoghi ancora oggi in stato di guerra.

Credo, inoltre, che sia necessario in queste ricorrenze coinvolgere i giovani e farli partecipare ad una riflessione comune, perché si sentano chiamati a contribuire alla risoluzione delle varie problematiche che affliggono la nostra società, con la stessa forza di volontà e la stessa dignità di chi prima di noi ha dovuto affrontare difficoltà ben più drammatiche.

A questi giovani, così come a tutti noi, giunga da questa giornata l’ammonimento lasciatoci dalla storia dei conflitti che in passato hanno visto anche il nostro Paese versare un immane tributo di vite umane; vale a dire che la sopraffazione è la risposta più sbagliata ai problemi ed è la negazione dei valori di solidarietà e di libertà che dovrebbero invece accomunare tutta l'umanità.

Come ebbe modo di affermare anni fa l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione di un’assemblea della Fao, “una società che dedica più risorse al potenziamento degli armamenti che alla ricerca scientifica in campo medico ed alle iniziative per combattere la denutrizione della popolazione mondiale è una società malata”.  È questo un altro insegnamento che ci viene ricordato in questa ricorrenza: non è con la forza delle armi che si costruisce il futuro, bensì è con la forza della ragione che si persegue il progresso civile, economico e culturale.

Oggi, con la nostra partecipazione a questa celebrazione vogliamo esprimere questa consapevolezza e dimostrare come il ricordo delle sofferenze e dei dolori delle guerre ci spinga ad un impegno quotidiano, all'interno delle istituzioni, delle nostre famiglie della nostra comunità e della società intera, a far sì che giustizia e pace possano affermarsi ovunque e contribuire a garantire il benessere di ogni persona, di ogni comunità e di ogni nazione.

Questa è anche la giornata dedicata alla Forze Armate del nostro Paese, alle quali rivolgiamo un pensiero di riconoscenza per l’impegno profuso a costruire processi di pace. Le nostre FF.AA. non sono strumento di guerra ma la loro presenza nelle   missioni internazionali, che attualmente vedono migliaia di nostri connazionali presenti in tante parti del mondo in cui c’è bisogno di un intervento di mediazione dei conflitti, serve a tutelare e  garantire alle popolazioni locali adeguate condizioni di sicurezza ed i presupposti di un progresso civile basato su libertà, democrazia e solidarietà. Le nostre FF.AA. nelle operazioni di peace keeping  hanno oggi una fama fondata sul dialogo, sul rispetto e soprattutto sulla cultura di pace.

 È in questo impegno, che ha saputo rinnovare il ruolo delle Forze Armate in un servizio per la pace, che possiamo cogliere oggi la linea di continuità, con il sacrificio dei tanti che in passato hanno perso la vita in guerra. Bisogna arrendersi alla pace. La pace è responsabilità collettiva. La pace esplode solo e soltanto se tutti noi saremo coesi.

Giovanni Falcone amava ripetere una frase di Bertold Brecht : “Felice quel paese che non ha bisogno di eroi”.  Se riusciamo a comprendere il significato vero di ciò, vuol dire allora che il sacrificio dei nostri figli non sarà stato vano, ha avuto ed avrà un senso.

Onore ai caduti per la Patria, pietà e cordoglio per tutte le vittime della guerra.

VIVA le Forze Armate strumento di pace, VIVA l’Italia unita!

Lunedì, 10 Novembre, 2014 - 00:07

Galleria

Video