La prima biblioteca mondiale degli archivi di ghiaccio

«Per le prossime decadi o anche i prossimi secoli questo patrimonio ghiacciato avrà un valore inestimabile: per delle scoperte scientifiche totalmente inedite come per comprendere le evoluzioni ambientali locali. Io sostengo pienamente questo progetto». Jean Jouzel, climatologo, vicepresidente della commissione scientifica del GIEC dal 2002 al 2015, Premio Nobel per la Pace 2007. 
Da lunedì 15 agosto all’inizio di settembre una équipe internazionale di una dozzina di glaciologi e ingegneri – francesi, italiani, russi e americani – si recherà sul Col du Dôme (4.300m, Monte Bianco) per prelevare le prime ‘carote-patrimonio’ con l’obiettivo di costituire la prima biblioteca mondiale degli archivi di ghiaccio estratti dai ghiacciai minacciati dal riscaldamento globale. Tra loro i promotori del progetto Carlo Barbante, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia, e Patrick Ginot, ingegnere della ricerca IRD nell’ambito di LGGE dell’Università di Grenoble Alpes e CNRS.
Tre carote di ghiaccio di 130 metri ciascuna saranno estratte e poi calate dall’elicottero a valle e trasportate a Grenoble al Laboratorio di glaciologia e geofisica dell’ambiente (LGGE) dell’Università di Grenoble Alpes e del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica, garantendo una rigorosa catena del freddo. Una delle tre carote sarà analizzata nel 2019 per costituire una base dati a disposizione di tutta la comunità scientifica mondiale. Le altre due carote saranno trasportate per nave e veicolo cingolato sugli altipiani antartici, terra di scienza e di pace, nel 2020, dove saranno conservati in tutta sicurezza per molti secoli nella base Concordia gestita dall’Istituto polare francese “Paul Emile Victor” e dal suo partner italiano, il Programma Nazionale Ricerche in Antartide (PNRA). Alla fine, questo patrimonio di decine di carote di ghiaccio sarà conservato in una grotta scavata sotto la neve a -54°C, il più sicuro – e naturale – congelatore del mondo.
Il ghiacciaio Col du Dôme rappresenta la prima tappa di un progetto più ampio iniziato nel 2015 dai laboratori di glaciologia dell’Università Grenoble Alpes, dal CNRS, dall’Università Ca’ Foscari Venezia e dal CNR, sotto l’egida della Fondazione Università Grenoble Alpes. Una seconda missione, più lunga e complessa, si svolgerà nel 2017 nelle Ande boliviane (ghiacciaio Illimani). Altri paesi sono già candidati per entrare a fare parte del progetto e salvaguardare i loro ghiacciai e quelli a cui hanno accesso: Germania, Austria, Svizzera, Brasile, Stati Uniti, Russia, Cina, Nepal, Canada.
Perché creare questo archivio proprio ora?
L’idea degli scienziati di creare questo progetto è nata osservando l’aumento della temperatura di molti ghiacciai. In 10 anni, la temperatura dei ghiacciai del Col du Dôme e dell’Illimani è aumentata di 1,5/2 gradi. A questo ritmo, si stima che la loro superficie subirà episodi di fusione sistematica da qui a qualche anno o decennio. Con questa fusione e con il colare dell’acqua attraverso gli strati di neve sottostanti spariranno per sempre pagine uniche della storia del nostro ambiente.
«Noi siamo l’unica comunità scientifica che lavora sul clima e vede sparire una parte dei suoi archivi. Era diventato urgente salvaguardare questo patrimonio per il futuro, come il patrimonio mondiale dei semi conservato allo Spitsbergen», spiega Jérôme Chappellaz, fondatore francese del progetto, direttore di ricerca del CNRS che lavora al LGGE. La scienza dei ghiacci, che contribuisce in modo indispensabile alla scienza dell’ambiente e del clima ed è cruciale per anticipare meglio il nostro futuro, presto non avrà più materia prima di qualità proveniente dalla aree montane a causa del riscaldamento globale.
«La nostra generazione di scienziati, testimone del riscaldamento globale, ha una grande responsabilità verso le generazioni future. Per questo doneremo campioni di ghiaccio provenienti dai più fragili ghiacciai alla comunità scientifica dei decenni e dei secoli a venire, quando questi ghiacciai saranno scomparsi o avranno perso la qualità dei loro archivi», conclude Carlo Barbante, promotore italiano del progetto, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia.

Una mobilitazione di scienziati e donatori
Le istituzioni scientifiche promotrici del progetto (Università di Grenoble Alpes, CNRS, IRD, CNR, Università Ca’ Foscari Venezia e Fondazione Università Grenoble Alpes) coinvolgono anche IPEV, PNRA, INSU e la Communauté Université Grenoble Alpes.
Il progetto contribuisce anche al Programma Idrologico Internazionale dell’Unesco, nel quadro del Programma Internazionale d’Idrologia IHPVIII (2014-2021), dedicato ai cambiamenti delle nevi, dei ghiacciai, dell’acqua e delle risorse idriche.
Il regista premio Oscar francese Luc Jacquet e la sua équipe Wild-Touch assicureranno la produzione e la diffusione delle immagini nel seguito del lungometraggio «La glace et le ciel».
Questo progetto beneficia delle competenze e degli equipaggiamenti degli organizzazioni promotrici ed è sostenuto finanziariamente da donatori privati. La Fondazione Università Grenoble Alpes ringrazia i donatori di questa prima missione senza i quali il progetto non avrebbe potuto nascere: la Fondazione Alberto II di Monaco, la società Findus France, Claude Lorius, glaciologo francese pioniere delle perforazioni glaciali, la società Petzl, AKU e la società Pressario.
La campagna di raccolta fondi della Fondazione è aperta in vista della missione del 2017 in Bolivia.

 

Sabato, 16 Luglio, 2016 - 00:02