"La 'buona scuola' è una riforma organica e ambiziosa"
Il disegno di legge su “la buona scuola”, del quale dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri sembravano perdute le tracce, a metà dello scorso mese di giugno è riemerso gravato da circa tremila emendamenti, che avrebbero potuto affossare definitivamente ogni proposito di riforma. Perciò il Governo ha deciso, come è noto, di porre la questione di fiducia, presentando in Senato un maxiemendamento che, una volta ottenuta la fiducia, è stato approvato e confermato dalla Camera dei Deputati lo scorso 10 luglio 2015. Ma prima di questa data i sindacati, gli insegnanti e gli studenti insieme alle loro famiglie, hanno inscenato a più non posso dimostrazioni e scioperi, così accecati da stantio ma accanito conservatorismo da non accorgersi che con “la buona scuola” l’Italia potrà tornare ad investire sull’istruzione dopo un lungo periodo di tagli, avviato a suo tempo dal “duo” Gelmini-Tremonti. Così, malgrado l’ostilità dei diretti interessati, gli italiani avranno la “buona scuola” in virtù della: Legge 13 luglio 2015, n. 107 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti.
Qui di seguito vengono brevemente presentati i punti più importanti della riforma.
1) Autonomia scolastica – Le scuole potranno indicare allo Stato il fabbisogno di docenti e strumenti per attuare il loro progetto educativo. Lo faranno con i piani di offerta formativa (POF) che diventeranno triennali per dare più continuità al progetto didattico. I POF saranno elaborati dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi forniti dal preside, per essere poi approvati dal consiglio d’istituto, dove sono rappresentate le famiglie e negli istituti superiori anche gli studenti. Viene notevolmente aumentato il fondo di funzionamento che passa dai 111 milioni di euro ad oltre 200, con uno stanziamento di 126 milioni in più all’anno.
2) Dirigenti scolastici – I dirigenti scolastici potranno scegliere i neoassunti tra quelli presenti negli albi territoriali; formeranno la squadra dei docenti che li aiuterà nella gestione della scuola con compiti speciali (potranno essere fino al 10% degli insegnanti della scuola); premieranno i docenti meritevoli, sentito il parere del Comitato di valutazione della scuola; promuoveranno o bocceranno i neoassunti dopo l’anno di prova; ridurranno il numero di alunni per classe in rapporto alle esigenze di discenti disabili. Gli stessi dirigenti scolastici saranno sottoposti a valutazione da parte di ispettori esterni secondo parametri particolari, dalla quale valutazione dipenderà una parte del loro stipendio: la cosiddetta retribuzione di risultato.
3) Assunzione dei docenti – La riforma s’incardina su un piano straordinario di assunzioni in ruolo, tra i vincitori e gli idonei del concorsone effettuato nel 2012 e gli inclusi nelle graduatorie provinciali ad esaurimento (Gae), per un totale di 102.732 docenti. Di questi, entro il prossimo settembre, saranno assunti poco più di 36.000, che copriranno il turn over e i posti di sostegno in più già finanziati da un decreto della ministra Carrozza; inoltre sempre entro settembre 2015 saranno stabilizzai altri 11.000, mentre gli oltre 55.000 rimanenti, che daranno vita all’organico dell’autonomia scolastica, saranno assunti nel corso del 2016. I neoassunti potranno essere costretti ad accettare una cattedra in regione diversa da quella di residenza. Dopo questa mega assunzione i docenti diventeranno di ruolo solo per concorso.
4) Formazione dei docenti – Arriva la carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione degli insegnanti. Si tratta di un voucher di 500 euro all’anno da utilizzare per l’aggiornamento professionale attraverso l’acquisto di libri, strumenti digitali, iscrizione a corsi, ingressi a mostre ed eventi culturali. La formazione in servizio del personale diventa obbligatoria e coerente con il piano triennale dell’offerta formativa della scuola e con le priorità indicate dal Ministero dell’Istruzione. Per la prima volta nella scuola italiana la formazione dei docenti viene finanziata con uno stanziamento strutturale: 40 milioni di euro all’anno
5) Offerta formativa – la riforma potenzia le competenze linguistiche: l’italiano per gli studenti stranieri e l’inglese per tutti. Vengono potenziate poi: arte, musica, diritto, economia, discipline motorie. Nelle classi superiori il curriculum diventa flessibile: le scuole cioè attiveranno materie opzionali in risposta alle esigenze degli studenti. Le competenze maturate dai ragazzi, anche in ambito extra scolastico (volontariato, attività sportive, culturali, musicali ecc.), saranno raccolte in un apposito curriculum digitale, che conterrà informazioni utili per l’orientamento e l’inserimento nel mondo del lavoro.
6) Scuola lavoro – L’alternanza scuola lavoro esce dall’occasionalità e diventa strutturale: le ore di formazione on the job sono stabilite in almeno 400 nell’ultimo triennio degli istituti tecnici e di quelli professionali e in almeno 200 nei licei. Ciò sarà possibile con lo stanziamento di 100 milioni di euro all’anno. Gli stage si faranno presso aziende, ma anche presso enti pubblici (musei, biblioteche ecc.), e si potranno svolgere anche in estate e all’estero. Gli studenti potranno esprimere una valutazione sull’efficacia dei percorsi effettuati. Sarà istituito un registro nazionale degli enti e delle imprese disponibili a svolgere i suddetti percorsi formativi.
7) Istituti Tecnici Superiori (ITS) – Per rendere coerente la formazione con l’orientamento il 30% dei fondi che lo Stato stanzia per gli ITS sarà legata agli esiti dei diplomati nel mondo del lavoro. La riforma prevede una serie d’interventi di semplificazione della disciplina contabile e della governance degli ITS e il riconoscimento del relativo diploma per l’esercizio di diverse attività professionali. Inoltre si consente l’accesso a questi percorsi anche agli studenti in possesso del diploma professionale quadriennale, purché integrato da un percorso di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts). Viene fissato anche l’ammontare del patrimonio minimo (50mila euro che salgono a 100mila se si toccano più filiere).
8) Edilizia scolastica – La somma già stanziata di 300 milioni di euro è destinata alla costruzione di scuole altamente innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico e tecnologico. E’ previsto un ulteriore investimento di 200 milioni per mutui agevolati per la costruzione o la ristrutturazione delle scuole. Vengono recuperate risorse precedentemente non spese da investire sulla sicurezza degli edifici. Inoltre sono stanziati 40 milioni di euro per finanziare indagini diagnostiche sui controsoffitti degli istituti. Infine viene istituita la “giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole”.
9) Detrazioni fiscali – Viene introdotto lo school bonus: coloro, che faranno donazioni a favore delle scuole per la costruzione o per la manutenzione di edifici scolastici, avranno un credito d’imposta del 65%, in sede di dichiarazione dei redditi: il limite massimo viene fissato a 100mila euro. Chi ha un figlio iscritto a scuole paritarie potrà utilizzare la detrazione IRPEF del 19% sulla somma spesa per la relativa iscrizione, fino ad un massimo di 400 euro.
10) Deleghe – Sono addirittura n. 9 le deleghe al Governo, le quali riguardano: un nuovo ‘testo unico’ per le leggi sulla scuola, il riordino della ‘formazione iniziale per accedere all’insegnamento’, la ‘riforma del sostegno’, la revisione del ‘percorso dell’istruzione professionale, un ‘sistema integrato’ dell’istruzione da zero a sei anni, ‘rendere efficace il diritto allo studio ’ attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, la ‘diffusione e promozione della cultura umanistica’, la revisione normativa per ‘le scuole italiane all’estero’ e l’adeguamento della normativa sulla ‘certificazione delle competenze’.
Senza dubbio questa della “buona scuola” è una riforma organica e ambiziosa, sulla quale non è possibile fare brevemente considerazioni di valore o esprimere giudizi esaustivi. Conviene quindi limitarsi solo a qualche riflessione sui criteri ispiratori.
La valorizzazione del merito dei docenti e l’introduzione di un modello gestionale che fa perno sui numerosi poteri attribuiti al dirigente scolastico, presi a se, sono criteri certamente accettabili e che potrebbero perfino essere considerati essenziali. Ma non bisogna assolutizzarli perché, avendo la scuola finalità meramente educative, è necessario bilanciare la ricerca dell’efficienza tecnico- amministrativa con la funzione fondamentale della scuola, che è quella di formare cittadini liberi e intellettualmente autonomi.
Qualcuno sostiene che sia uno scandalo sottoporre al giudizio di un Comitato di valutazione i neoassunti in ruolo. In effetti sarebbe tale se detto Comitato operasse affidandosi solo a oggettivi indicatori statistico-quantitativi, non tenendo conto degli eventuali fattori soggettivi.
Il dirigente scolastico, al di là dei tanti attributi che gli vengono affibbiati, secondo la nuova legge è una figura monocratica, in quanto è colui che, nella logica dell’autonomia concessa ad ogni singolo istituto, deve assumersi la responsabilità di garantirne la corretta gestione amministrativa, di organizzarne l’attività didattica, di sceglierne i docenti, premiandoli e incentivandoli secondo il loro rendimento ecc.. E’ ovvio, però, che un simile carico di impegni – che peraltro richiede specifiche e ampie competenze professionali – non deve assolutamente dar luogo a scelte arbitrarie, discrezionali e irrazionali, alle quali infelici scelte dovrà comunque fare da contrappeso la valutazione dei capi d’istituto da parte di ispettori esterni. Inoltre, affinché sia realmente efficace l’espletamento da parte del dirigente scolastico del suddetto carico d’impegni, ogni soggetto deve essere preposto a istituti dello stesso tipo o ancora meglio ad un solo istituto, conformemente alle sue competenze didattico-metodologiche. In altri termini bisogna assolutamente evitare, per esempio, l’accorpamento di un liceo classico ad altri due licei, un artistico ed uno pedagogico, come attualmente avviene proprio a Galatina.
Infine è opportuno ribadire che possono fare la “buona scuola” non le norme che sono alla base della riforma, ma gli orientamenti pedagogici e i modelli valoriali che ispirano il dirigente e i docenti che operano in ogni istituto.
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