Il ciccione
Avevo avuto un preavviso, ma quel giorno il dolore s’era fatto insopportabile. Non ce la facevo neanche a stare in piedi, a camminare. Aspettai un po’ sperando che quei dolori fortissimi alla pancia si calmassero e invece era sempre peggio. Fu così che, dopo aver chiesto aiuto ad una persona che abitava di fronte, corremmo in ospedale mentre i dolori non accennavano a calmarsi. Arrivammo alla guardia medica e fortunatamente non c’erano altri “pazienti”, entrammo di corsa senza neanche bussare e mi sembrò di svenire.
Un medico abbastanza “pieno” e abbastanza trascurato, che sembrava essersi appena svegliato, si avvicinò chiedendomi cosa mi sentivo e dov’era localizzato il dolore. Mi disse: - Pietro, dove ti fa male? – - Oh! Madonna - pensai - chi è? Non conosco neanche le persone, sto per perdere i sensi, morirò. –
E mentre il medico mi toccava sulle parti “dolenti”, ebbi come un lampo. Era quell’amico di scuola che chiamavamo “ciccione” e che avevamo preso in giro per cinque anni, facendo gli scherzi più cattivi e stupidi del mondo. Lui “bravissimo” e noi invidiosi. Noi che non riuscivamo a prendere un “sei”, neanche sotto tortura.
Ero nelle sue mani e mi aveva anche riconosciuto. Povero me! Lo vedevo pensieroso, quasi preoccupato e per giunta non diceva una parola, non si pronunciava. Sempre senza fiatare, preparò la siringa per farmi una “puntura”.
Mi sentivo strofinare con l’ovatta bagnata di alcool, poi quando smetteva di strofinare ed io ero pronto a sentire l’ago entrare nella mia “carne” riprendeva a strofinare, ed io mi rilassavo di nuovo. Per più di una volta fece così, poi finalmente sentii l’ago trafiggermi.
– Sarà una nuova tecnica – pensai - o starà consumando la sua tremenda vendetta. –
-Pietro non hai nulla – sentenziò dopo un po’ e mentre lo diceva faceva fatica a trattenere un sorriso – indigestione, semplice indigestione. – Ed io già stavo bene, ero guarito. Tutta colpa della peperonata della nonna, pesante come un macigno. Mentre scriveva la ricetta chiacchierammo un po’, ricordammo un po’. Era uno dei più bravi medici della regione, generoso e altruista, onesto e “alla mano” come pochi. Sempre a studiare, sempre a informarsi, a documentarsi. Insomma quell’amico medico ne aveva fatta di strada, sicuramente più di quanta ne avevamo fatta noi che lo prendevamo in giro e che eravamo rimasti quasi fermi. Mi sentii piccolo piccolo e grazie a lui m’era tornato il sorriso.
E tu Pietro che fai? – mi chiese.
Scrivo racconti, scrivo fatti quotidiani
-Scrivi pure questo !! – mi disse.
Ed io l’ho fatto.
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