La ferrovia
Non avevamo una parola d’ordine, ci capivamo con lo sguardo. E quel giorno a scuola non si entrava. Giusto il tempo di infilarci furtivamente nello chalet del Bar delle Rose dove intorno al Jukebox che suonava le nostre canzoni, passavamo la mattinata sino all’ora dell’uscita dalla scuola. Poi uscivamo pure noi dallo chalet e ci univamo agli altri. Si tornava a casa come se avessimo trascorso un faticoso giorno di scuola. E invece quel giorno di scuola era stato sprecato a cantare e ascoltare le canzoni dei Beatles, Santana, Jimi Hendrix che erano le più gettonate di quell’anno.
Quando poi le prime giornate di sole cominciavano ad arrivare, stare chiusi tutta la mattina in quello chalet non ci piaceva più. Arrivavamo, sempre di nascosto e sempre sperando che qualcuno che ci conosceva non ci notasse, in stazione e da lì partiva la nostra passeggiata lungo la ferrovia, lungo quei tratti deserti e silenziosi di ferrovia che attraversavano campi coltivati e profumati.
Qualche sosta a visitare qualche CASELLO abbandonato e mangiare qualche frutto di stagione raccolto qua e là, poi riprendeva la nostra passeggiata lungo i binari. Di tanto in tanto, il fischio di un treno pieno di gente sfrecciava davanti a noi. Quell’anno furono più i giorni passati così che i giorni passati a scuola.
Avevamo quasi perso la voglia di studiare e se non fosse stato per i rimproveri e le insistenze dei nostri genitori che ad un tratto erano stati allertati dal Preside, forse non saremmo più andati a scuola e avremmo rinunciato a quel titolo e a “quel pezzo di carta” che allora ti dava la possibilità, conoscendo le persone giuste, di fare una “ vita migliore” e soprattutto più tranquilla rispetto a quella dei nostri genitori. Se conoscevi le persone giuste potevi entrare in Banca, al Comune oppure in “Ospedale”, insomma Galeotta fu quella firma di mia madre imitata non troppo bene sul libretto delle assenze. Che strano, di solito erano quasi identiche, quasi perfette, simili alle originali. Quella “G” troppo allungata o forse troppo attorcigliata, destò sospetti a quel bravo Preside. Chiamò a raccolta i miei genitori e dopo essersi accorto delle strane coincidenze e combinazioni, i genitori degli altri.
Vi risparmio il racconto di quel che successe dopo. Mancavano quasi tre mesi alla fine dell’anno scolastico ma furono tre mesi che valsero l’intero anno. Diventò difficile uscire di casa, diventò difficile non farsi trovare a studiare e soprattutto il livello di sorveglianza fu così alto che per tutti i santi giorni di scuola che restarono, arrivammo in classe molto prima che il campanello suonasse. Furono nottate perse a recuperare, quaderni finiti in fretta, e penne “bic” che si consumavano in un batter d’occhio.
Solo io e un altro ragazzo riuscimmo a non perdere l’anno scolastico. Io portai a settembre tre materie , lui una sola.
A settembre vinsi la sfida con i miei genitori e con i miei insegnanti, fui promosso all’anno successivo. Ma si sapeva, non mi piaceva studiare, ero distratto da 1000 cose, da tutto ciò che non fosse “studio”. Per questo, l’anno successivo andò ancora peggio, lo rifeci una seconda volta ma la seconda volta lo superai alla grande, ed era l’ultimo anno del commerciale. Quel misero 36/60mi mi riempì di gioia anche perché sapevo già di non avere la volontà e forse neanche la capacità di continuare gli studi. Feci qualche misero tentativo ma non era per me, era già scritto che dovevo accontentarmi del titolo di RAGIONIERE.Ricordare tutto questo oggi, mi fa rivivere le emozioni di allora, le gioie e i dispiaceri, le attese e le paure, l’età. Quella bellissima età, quella non responsabilità, quella ingenuità. A quell’età si sono aggiunti un bel po’ di anni e poi è cambiato quasi tutto. Ci siamo dovuti adattare, ci siamo dovuti reinventare, abbiamo visto perdersi tradizioni, abbiamo visto perdersi valori. Abbiamo ripetuto le stesse parole dette a noi dai nostri genitori, ai nostri figli, le identiche raccomandazioni, le identiche preoccupazioni. Ed ora siamo qua a pochi passi da Dio, a trascorrere gli ultimi scampoli di un bellissimo tramonto, a ricordare, a sognare, a sperare.
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