Qualcuno mi disse bravo
Se mai mi capitasse di vivere una seconda vita, mi piacerebbe essere un uomo d'affari, una persona importante, una persona elegante. Cravatta tutti i giorni, pettinato in maniera classica o classicheggiante, con la pochette in coordinato con la cravatta. Calzini obbligatoriamente neri o blu, magari doppiopetto, forse gilè o anche bretelle. Mi piacerebbe essere un uomo d’affari sempre in giro, sempre in orario, fissare appuntamenti importanti e urgenti, radermi tutti i giorni, conoscere le lingue, fare una firma tutta sali e scendi e concluderla con una linea retta e un punto.
Viaggiare per affari di qua e di là, vendere, comprare, permutare, telefonare ad avvocati e notai, politici ed imprenditori. Andare in Chiesa ogni domenica, indossare capi in cashmere e seta, foulard e cappello. Farei affari senza sopraffare, avrei fiuto, avrei intuito, avrei coraggio. Mi piacerebbe fare del bene, aiutare quelli meno fortunati e ovviamente farlo sapere in giro. Farei finta di essere di sinistra o di destra a secondo le occasioni e le circostanze, incontrerei sindaci ed assessori, senatori e ministri. Con loro sarei generoso, darei ad ognuno un contributo elettorale e poi sarei pronto ad accettare qualche buon incarico o qualche buon affare, e non per la mia generosità disinteressata, ma solo per attuare quel famoso detto, “ l’uomo (d’affari) giusto al posto giusto”. Troverei porte aperte, gente disposta a chiudere un occhio o entrambi per qualche concessione, qualche licenza.
Forse aprirei un CENTRO COMMERCIALE fuori porta. Butterei giù un centinai di ulivi secolari, colate di cemento a non finire , un’insegna da illuminare l’intero Salento. Persone importanti all’inaugurazione e tutto il personale, e quando dico tutto vuol dire tutto, collocato dalla politica locale e non, in misura proporzionale alla sua forza.
Osserverei i “politici” solennemente impegnati a risolvere il problema occupazionale dei propri parenti o dei propri clienti. Ovvio è che sarei particolarmente disponibile, generoso ed anche premuroso verso quelle persone o quelle famiglie che avevano il privilegio di godere della mia “benevolenza”.
Mi sembra giusto, no? Vi spiego come andò a finire. Quando cent’anni erano passati da un bel pezzo, stanco di vivere, una mattina mi “spensi”. Volai in cielo o almeno penso, e lì qualcuno mi chiese se mai avessi qualche desiderio per l’altra “vita” che dovevo iniziare o se volessi viverla uguale o quasi, all’altra. Avevo passato quasi tutta la mia prima vita a immaginare e desiderare d’ essere UN UOMO D’AFFARI e quando mi trovai davanti ad una scelta non ebbi dubbi: “rifare la vita già fatta”- risposi – dopo un attimo. Rivivere le stesse ansie, le stesse paure, riprendermi la stessa noia, la stessa gioia.
Dopo quasi un anno, in un villaggio dell’AFRICA centrale, nasceva un bimbo un po’ più chiaro degli altri. Da giovane scrisse tanto, scrisse di tutto, parlò della sua AFRICA, della sua terra, dei suoi problemi, della fame, della sete, delle malattie, parlò delle sue tradizioni, dei suoi colori. Ero io, la mia seconda “vita”, In quel villaggio non sapeva leggere quasi nessuno per questo in ogni occasione, non perdevo tempo e leggevo io qualche “brano”.
Qualcuno non mi capiva,
qualcuno non mi sentiva,
qualcuno che già dormiva.
Ma proprio quando ormai non ci speravo qualcuno mi disse: "Bravo!"
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