Quella mia amica del Villaggio Azzurro
Con il mozzicone della sigaretta appena fumata, accendeva la sigaretta successiva. Aveva le dita della mano destra annerite dal fumo e dalla nicotina e un alito pesante da grande fumatore quale era. Come “maestro” nulla da dire, bravo, generoso e soprattutto molto spiritoso. Quell’aula era sempre piena di fumo e noi tutti a respirare insieme a lui quel fumo denso e grigio di quelle sigarette “alfa senza filtro”.
A volerlo trovare la sera, era in villa con suoi colleghi a girarle intorno per un centinaio di volte. Nell’Edificio Scolastico per ben tre anni fu maestro della mia classe ed oltre a riempirci di fumo ci fece imparare un sacco di cose. Aveva una PRINZ, due porte metallizzata con gli interni bianchi che erano ormai diventati marroni.
Siamo cresciuti così, si fumava dappertutto, casa, scuola, cinema, pizzeria, bar e forse troppo in fretta siamo diventati fumatori anche noi. Quel maestro, che già allora era anziano e che ci accompagnò fino alla quinta elementare, campò a lungo. Lo incontrai spesso, sempre in villa e sempre con la sigaretta tra le dita. Noi invece cresciuti un po’ in fretta e sulla strada che portava al diploma avevamo già smesso di fumare quando ormai le sigarette sfuse non si vendevano più. Tutto quel fumo che avvolgeva l’aula della nostra classe era niente in confronto al fumo e alla quantità di polvere di cemento che cadeva sul nostro e altri paesi e che veniva fuori dall’allora “FEDELCEMENTI”.
Il paesaggio che si presentava tutt’intorno era un paesaggio lunare, alberi d’ulivo, fichi d’india e tutto ciò che c’era intorno era coperto da uno strato di cemento grigio. Cominciò così quel fuggi, fuggi da quella zona residenziale chiamata “chiani”, un presepe che si snodava tra viuzze delimitate da muri a secco, un paesaggio che sembrava dipinto su tela da un bravo pittore.
Quel bel posto che riuniva famiglie e bambini e che ha lasciato tanti ricordi finì ben presto sepolto da cemento e paura. Quel labirinto di viuzze divenne ben presto un deserto, una desolazione, un dolore.
Da lì a breve si sarebbe svuotato un altro luogo, il VILLAGGIO AZZURRO. Troppe volte raggiunto a piedi per trovare una compagna di classe e condividere con lei “materie” che io o lei non riuscivamo o forse facevamo finta di non capire. Arrivavo di solito con il fiato in gola e il cuore che batteva a mille all’ora. Quella volta successe che suonai ripetutamente e a lungo, ma nessuno mi aprì. In casa non c’era nessuno, probabilmente non avevo avvertito o forse se n’erano dimenticati. Rimasi a lungo seduto sul marciapiede in attesa di qualcuno che non arrivò. Ci mancava solo la pioggia, che arrivò in abbondanza quando ero sulla strada del ritorno a casa, triste e sconsolato.
Arrivai a casa bagnato come un pulcino, mi asciugai e mi cambiai. Il temporale tardò a calmarsi ed io tra tuoni e fulmini a cercare di finire i compiti. Il sole del mattino, asciugò ben presto tutto quanto ed io arrivai a scuola al solito orario. Con quell’amica del VILLAGGIO AZZURRO, ci incontrammo come sempre all’ingresso a scuola, - Ciao – le feci – scusami ma ieri pomeriggio non son potuto venire - . – Fa niente – rispose lei – sarà per la prossima volta . La prossima volta non tardò ad arrivare, ma fortunatamente c’era il sole e fortunatamente qualcuno mi aprì.
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