“Acaya: L’Oriente del Pensiero”, un laborotario delle arti fra il castello, Maglie e Palamariggi
Si apre oggi la mostra “Acaya: L’Oriente del Pensiero”, evento promosso da Provincia di Lecce in collaborazione con Giardini Pensili, Regione Puglia, Unione Europea, Istituto di Culture Mediterranee, Castello di Acaya, Unione dei Comuni Terre di Roca ed Acaya, Nextab, Womb, Damage Good, Ramdom, Azienda Cazzetta, Associazione Amici dell’olivo secolare del Salento. L’evento, in programma fino a sabato 26 ottobre, tra il Castello di Acaya, il Liceo Capece di Maglie e l’azienda Cazzetta di Palmariggi, si compone di mostre, concerti, laboratori (in allegato il programma completo).Ad illustrare tutti i particolari dell’iniziativa sono intervenuti, ieri, la vice presidente della Provincia di Lecce ed assessore alla Cultura Simona Manca, il direttore dell’Istituto di Culture Mediterranee Luigi De Luca, il presidente dell’Associazione Amici dell’olivo secolare del Salento Raffaele Cazzetta, la preside del Liceo “Capece” di Maglie Gabriella Margiotta, l’artista Mei Chen Tseng.
“Il castello di Acaya è per noi un luogo magico, che abbiamo affidato nelle mani capaci dell’Istituto di Culture Mediterranee, che ci garantisce una gestione sana e di alto livello culturale. In questo periodo dell’anno, che è di per sé un po’ sonnacchioso, proponiamo ai salentini un’offerta culturale che unisce due mondi e che per la sua originalità saprà catturare l’attenzione dei visitatori”, ha dichiarato la vice presidente ed assessore alla Cultura Simona Manca.
“Grazie alla mostra “Acaya: L’Oriente del Pensiero” il Castello di Acaya viene vissuto come un laboratorio per le arti, un posto speciale dove creare progetti che guardano al luogo non tanto come contenitore, ma come opera in sé. Acaya come spazio possibile per un’azione innovativa, un laboratorio permanente dove sperimentare innovazione e dove la tradizione può essere sinonimo di modernità”, ha proseguito.
E per concludere: “Questo bene culturale ha nel suo dna la capacità di non essere estraneo al territorio, ma di essere una realtà capace di integrarsi perfettamente con ciò che lo circonda. Su questo processo culturale, che è un percorso difficile, stiamo già lavorando da tempo e siamo certi che ci porterà lontano”.
Mei Chen Tseng
La tecnica adottata da Mei Chen Tseng è per eccellenza quella che le consente di esprimere attraverso gli effetti di luce e ombra la sua attenzione ai valori simbolici , che ricerca tutti all’interno di una figuratività fortemente espressiva. Attraverso un uso sapiente del chiaroscuro dà vita ad un mondo che proviene dalla realtà ma che è indagato per frammenti. Strane e bizzarre immagini che però vengono da lunghi e meditati pensieri in cui la spiritualità e il misticismo orientale incontrano l’espressionismo e il realismo occidentale , da lei largamente perlustrati. Nulla è istintivo nelle sue composizioni, ma tutto sembra nascere da travagliate ricerche non solo nel segno grafico così perfetto e ricercato, ma anche nell’inseguimento di immagini , ritratti, ambienti, paesaggi, particolari anatomici dilatati. Caricati di forte valore simbolico, esprimono la sua interiorità, la sua proiezione verso quelle elevate aspirazioni che la possono portare fuori da quell’angoscia esistenziale che sembra ammantare di malinconia e solitudine i suoi ritratti, le sue cose.
Come tutti gli artisti che operano con sgorbia e bulino Mei Chen affida alla linea ,talvolta incisiva e vibrante , ma anche arabescata , sinuosa, tracciata con ritmi incessanti, il compito di rappresentare i segreti della propria anima. Ed allora è il ritratto , o il frammento di un ritratto, che le consente di entrare in intimità col personaggio che, chiunque esso sia, è anche una parte di se stessa.
Per conoscere se stessa Mei Chen ruba l’anima del soggetto protagonista del suo lavoro, sia esso un personaggio vero o idealizzato o anche solo una sua parte, per confrontare le sue emozioni, i suoi pensieri.
Non si può dire che lei sia legata ad una scuola o ad un filone in particolare, o che dimostri particolare attrazione per qualche modello. Come è stato già detto lei “non appartiene al nostro tempo e neppure al nostro mondo”, il suo percorso è tutto proiettato alla ricerca di se stessa e non al confronto con altri artisti. Nasce da questa certezza il suo lavorare con accanimento alla creazione di immagini che innanzitutto parlino a lei stessa prima di suggerire a noi considerazioni di carattere stilistico, formale , sociale o tentativi di interpretazioni iconografiche.
E così guardando le sue opere abbiamo la sensazione di essere alla ricerca di un incontro , scopriamo di voler entrare in contatto con un mondo di persone, cose, ambienti, per stabilire un rapporto che duri nel tempo e a cui sinora ci eravamo sottratti per superficialità o per paura.
Ma gli “archetipi”, sapientemente orchestrati, sono ora a portata di mano , offerti alla riflessione ma anche alla fantasia di chi sa osservare. (Antonio Cassiano)
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