La 'cuccuvascia', il digamma e l'assessore
S.V.B.E.E.V., assessore carissimo. Mi è giunta notizia che nella nobile cittade de Santo Pietro in Galatina è sorta una diatriba sul termine cuccuvascia e cuccuascia. A onor del vero, a Galatina, civetta, in dialetto, si dice cuccuvascia. Se poi qualche inutile idiota, nella riunione di Giunta, che si teneva a Galatina, a Palazzo Orsini, come tu hai riferito, ha recitato “cuccuascia, cuccuascia!” ha preso un grosso abbaglio. O questo lui non conosce il linguaggio galatinese (e quando parlo di dialetto dico linguaggio e non lingua, e qui mi torna d’aiuto un chiarissimo ed emerito professore universitario, mio estimatore), oppure ha qualche reminiscenza di altri dialetti salentini.
Ma questo non ha importanza. La questione, invece, è che tu, essendo assessore alla cultura, sei stato fagocitato da questo ignorante, in materia, sia sull’accezione moderna sia su quella scientifica del vocabolo. Ebbene bis peccavisti! Hai sbagliato due volte. La prima, perché hai manifestato la tua scarsa credibilità nella conoscenza del tuo dialetto; la seconda, perché hai dato retta a questo mestatore versipelle. Sarebbe stato più opportuno che tu riconoscessi d’aver sbagliato. Tanto io, essendo nel mondo della verità, non ci credo a quello che tu hai scritto. Per un individuo riconoscere i propri errori è sinonimo di credibilità da parte del popolo e accresce il carisma su chi lo circonda.
È superfluo che tu abbia tirato in ballo spiriti aspri e dolci, spiritelli, fantasmi, fantasmini o che dir si voglia sciacuddhri, oppure appellarti alla caduta, in greco, del vau o digamma, che per il termine cuccuvascia non ha alcun valore.
E lo sa anche il Cavaliere che, per la caduta libera del suo partito, non attribuisce la causa alla caduta del digamma, ma a quei fantasmi, e, qui cade ad hoc, a quei fantasmini, a lli sciacuddhri malefici, che, di nascosto, hanno minato il PdL. Ed ora, da condannato, vorrebbe la grazia. Ma il guaio è che non ci stanno più brindisini, tarantini, idruntini, etc. che lo possano accontentare. Seneca mi suggerisce di mandargli o la Cia o la Vata o la ‘Ndata o la ‘Mmaculata, veri esempi di modestia personificata. Cavaliere, Cavaliere, ad metalla, ad metalla!
Orbene, caro il mio assessore, devi sapere che, per il termine cuccuvascia, non c’è bisogno di tirare in ballo il vau o digamma. Ti faccio qualche esempio: βούλομαι, voglio, in grec. ant. si legge bùlomai, in neogreco vùlome; ταβέρνα, osteria, in grec. ant. vale taberna, in neogreco taverna; βαμβάκη, bambagia, in grec. ant. si pronuncia bambàke, in neogreco vambàci; exempla de genere hoc sunt multa e potrebbero stancare quel chiacchierone e grande parolaio di Socrate. La stessa canzone vale per cuccuvascia: κουκουβάγια in grec. ant. kukubàghia, in neogreco kukuvàja. Il digamma, caro assessore, come puoi ben vedere, non centra nulla.
Se poi il Rohlfs porta cuccuasci, riferendosi ai cittadini di Galatina, non significa che la dizione loro sia tale; è la gente dei paesi vicini che li definiscono così. Perché tu ben sai, o dovresti sapere, che il dialetto, il linguaggio comune, da paese a paese, cambia molto in dizione.
E non mi tirare in ballo la ricomparsa della “v” in latino. La “v” in latino non esiste. Vai a leggerti qualche opera, l’originale intendo, di un qualsiasi autore latino. Bisogna aspettare la metà del XVI secolo che ciò avvenga per opera dell’umanista Petrus Ramus (Pierre de la Ramée) riguardo alla prassi scolastica. E vedo che Cicerone in lontananza fa cuthrumbule alla ‘mbersa di disapprovazione per l’ignoranza di tante e tante persone che non conoscono il vero latino.
Perciò, assessore mio carissimo, non so se da questa diatriba tu sia rimasto vantaggiato o svantaggiato. Certo hai preso lucciole per lanterne, ma non ti preoccupare; anch’io ho usato nello scriverti qualche frase in lingua latina, perché mi son reso conto che con il greco tu non hai troppa dimestichezza. Il latino ti è più familiare, è la tua lingua madre. Forse ho sbagliato in qualche parte e mi pento. Comunque: habete me excusatum per questa mia esplosione.
Aristofane Ateniese (Fernando Vinsper)
P.S.: Pietro Galatino, insieme con gli altri due Pietro, il Siciliani e il Cavoti, tramite me, ti manda a dire che i cittadini galatinesi non sono autolesionisti, ufàni forse sì, e dal momento che “L’Estate Galatinese vola in alto” fai tesoro di questo suo dittèrio: nu’ bbulare throppu ertu moi c’hai l’ale, ca sempre si’ suggettu a llu cadire!
Errare humanum est; ma nelle deliberazioni, nei progetti, nei provvedimenti che tu prenderai, è lì che non si deve sbagliare, è lì che tu devi profondere tutte le tue forze, è lì che devi usare tutta la tua intellighentia politica, affinché niente torni a danno della nobile cittade de Santo Pietro in Galatina e dei suoi abitanti.
Ave atque vale in perpetuum!
Gentile Fernando, pubblico la Sua lettera, nonostante non ne apprezzi alcuni passaggi eccessivamente sardonici, perché sono convinto che possa, comunque, aiutare a riflettere non tanto sul merito quanto sul metodo con il quale, troppe volte, i politici galatinesi effettuano le loro scelte. Occorre dare atto a Daniela Vantaggiato di essere riuscita ad organizzare un'estate galatinese nonostante la penuria di fondi. Tutto è migliorabile. Occorre però che tutti insieme decidiamo di remare nella stessa direzione, tenendo gli occhi bene aperti ma evitando di fare inutili sgambetti a chi tenta, mettendoci la faccia, di operare per il bene della Città. (d.v.)
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