"Dove Tap? No a San Foca". Ferma presa di posizione di Sel leccese

"Come i capponi di Renzo: è questa l'impressione che si ricava dal dibattito che si è scatenato nelle ultime settimane -si legge nel documento approvato all'unanimità dalla direzione provinciale di SEL riunita sabato scorso a Sannicola-  dopo la scelta del consorzio di Shah Deniz che ha individuato nel Tap il progetto più conveniente per esportare il gas dall'Azerbaijian in Europa. I capponi di Renzo, ci racconta Manzoni, si beccavano l'un l'altro mentre il proprietario li trasportava a testa in giù verso la pentola dell'Azzeccagarbugli. È questo il rischio che dobbiamo evitare: dividerci su una scelta che il territorio di Melendugno ha gia' dimostrato di rifiutare e che il territorio salentino non ha avuto neanche la possibilita' di discutere. Le ragioni strategiche del gasdotto Tap sono evidenti: diversificare le fonti di approvvigionamento energetico è essenziale per l'Italia e per l'Europa, che oggi sono appese al rubinetto del gas della Russia. Non è dunque sull'utilita' dell'opera che si discute, ma sulla localizzazione dell'ultimo tratto. «No Tap» o «Sì Tap»? È una falsa alternativa. La domanda vera è: Dove Tap?".
"Nell'ipotesi attuale, il tubo arriverà in un'area di grande rilevanza paesaggistica, che ospita imprese turistiche avviate e fiorenti, -continua il documento che raccoglie anche la posizione di Antonio Galati, consigliere regionale iscritto a Sel- con un comparto della pesca che vanta una marineria consistente. Il tutto in un contesto ambientale delicatissimo che vede praterie di posidonia oceanica al largo della costa e antichi uliveti nell'entroterra, nonchè la presenza di un sito Natura 2000 e la vicinanza all'area Sic delle Cesine. Ma la soluzione attuale non è l'unica possibile. Tap dichiara nei suoi documenti pubblici di aver selezionato San Foca come approdo del gasdotto dopo aver scartato altre quattro alternative, tutte ricadenti nel territorio comunale di Brindisi.
La prima a Lendinuso, la seconda a Cerano, la terza nell'area industriale e la quarta in zona Casale. Ma le contraddizioni nel processo si scelta sono macroscopiche. La prima (Lendinuso) e la seconda (Cerano) vengono scartate da Tap a causa della presenza di posidonia oceanica al largo della costa: e qui è la prima contraddizione, visto che anche al largo di San Foca sono presenti praterie di posidonia, che Tap ha progettato di superare tramite un tunnel.
La terza alternativa (nell'area industriale) viene scartata per ragioni di sicurezza, legate alla presenza di una zona fortemente industrializzata: ecco la seconda contraddizione, visto che nella stessa zona era prevista la realizzazione di un impianto ben più complesso, pericoloso e impattante, ovvero il rigassificatore della British Gas, che oggi sembra sfumato. La contraddizione maggiore, pero', emerge nella quarta alternativa (Casale): scartata, a quanto si legge nei documenti Tap, "in quanto risulta interferire con i piani urbanistici di sviluppo del Comune di Brindisi". I piani in questione (Pug e Pisu) non sono stati pero' ancora approvati; quando lo saranno, la destinazione urbanistica sara' in parte di «sviluppo dell'impianto aeroportuale e dell'industria aerospaziale» (e quindi compatibile con un'infrastruttura industriale come un gasdotto) e in parte di «rinaturalizzazione, servizi costieri e turistici». In sostanza Tap scarta una localita' dequalificata e da rinaturalizzare perchè un giorno potrebbe diventare a destinazione mista industriale-turistica e seleziona una localita' che gia' oggi è esplicitamente vocata e tipizzata come area di interesse ambientale e sviluppo turistico! A questo punto è evidente che i motivi alla base della scelta di Tap furono altri, probabilmente legati alla gestione del consenso nei territori, che in tempi passati qualche politico era forse in grado di garantire. Ora quei tempi sono cambiati: tutti ci diciamo d'accordo nell'«interpellare il territorio», ma dimentichiamo che il territorio ha gia' espresso il suo "no" con chiari pronunciamenti del consiglio comunale di Melendugno, oltre che con la tenace opposizione manifestata da comitati e associazioni locali.
Anche la Regione Puglia ha bocciato le modalita' fin qui seguite da Tap, che tra l'altro ha finora effettuato i suoi rilievi sottraendosi all'avallo dell'unico istituto pubblico accreditato dalla legge, ovvero l'Arpa Puglia. Nessuno sa, invece, quale sia oggi la posizione della Provincia di Lecce: aspettiamo che Palazzo dei Celestini esprima il suo parere su un'opera tanto importante e di cui si discute ormai dal 2011. Per tutte queste ragioni alla domanda centrale, cioè «Dove Tap?», la risposta non puo' che essere «Non a San Foca».

"Non si tratta di sindrome Nimby -conclude il documento-  ma di puntuale analisi tecnica del punto di approdo progettato dalla Trans Adriatic Pipeline nel territorio di Melendugno. Non puo' essere Tap a imporre l'agenda della discussione con scelte palesemente contraddittorie a forze politiche e istituzioni pubbliche: per questo stavolta non si puo' essere d'accordo con quegli esponenti del Pd, pur stimabili, che promettono vigilanza e attenzione sul futuro iter del procedimento. Non siamo d'accordo perchè significherebbe fare la parte dei capponi di Renzo: discutere sui dettagli, accettando al contempo il dato a monte, ovvero che San Foca sia la migliore soluzione possibile. Così non è, come tutti capiscono leggendo i documenti resi pubblici dalla stessa Tap. Alla quale, percio', chiediamo un passo indietro: il territorio di Melendugno ha gia' espresso il suo "no". Intende costringerci a subire l'opera o puo' tornare sui suoi passi per cercare nuovi - e più azzeccati - approdi?"

Lunedì, 8 Luglio, 2013 - 00:03