Unisalento trova l'età degli alberi più vecchi
Dall’Abruzzo all’Isola di Montecristo al Pollino, la datazione degli alberi vetusti continua a fornire importanti informazioni sulla storia della Terra: il clima e la piovosità, le caratteristiche dell’attività solare nei secoli passati. È un campo di ricerca sempre più battuto dal CEDAD, il Centro di Fisica Applicata Datazione e Diagnostica del Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Università del Salento, specializzato nelle tecniche nucleari per la datazione e le analisi isotopiche e dei materiali. Da ultimo, i ricercatori UniSalento hanno contribuito al progetto FISR-Miur Italian Mountain Lab che, coordinato dal professor Gianluca Piovesan dell’Università della Tuscia di Viterbo, ha studiato le antiche faggete del Pollino trovandovi i faggi più antichi d’Europa: “battezzati” Michele e Norman, in memoria del botanico Michele Tenore e del viaggiatore e scrittore Norman Douglas, hanno oltre 620 anni.
«Dai beni culturali all’ambiente e alle scienze della vita», sottolinea il professor Lucio Calcagnile, ordinario di Fisica applicata a UniSalento e direttore del Centro, «il CEDAD si conferma un centro di riferimento a livello internazionale nel campo dello sviluppo e dell’applicazione di tecniche avanzate di datazione in numerosi ambiti di ricerca». La datazione è stata effettuata attraverso l’analisi di “carote” estratte dai tronchi, senza intaccare la salute degli alberi, combinando due diverse metodiche: la dendrocronologia e la datazione con il radiocarbonio. La collaborazione scientifica con il CEDAD ha portato a una pubblicazione sulla prestigiosa rivista americana “Ecology”, mentre su “Radiocarbon”, edita dall’Università di Cambridge, i ricercatori UniSalento hanno pubblicato una ricerca sulla ricostruzione di un’anomalia nell’attività solare proprio attraverso l’analisi degli alberi.
«La possibilità di combinare in modo statisticamente robusto informazioni dendrocronologiche con misure di radiocarbonio ad alta risoluzione è il vero punto di forza dello studio», spiega il professor Gianluca Quarta, associato di Fisica applicata, «Ci aspettiamo perciò che questa attività di ricerca ci regali altre importanti scoperte nei prossimi anni, fornendo un modello applicabile anche ad altri territori e aree geografiche, dal Salento al resto del Mediterraneo».
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