"Cade il velo di separazione"
Il terzo dei quattro punti messi in evidenza dal papa nella Evangelii gaudium «la realtà è più importante dell’idea» abbiamo affrontato lo scorso 14 marzo il tema "La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa", intesa come la partecipazione di ogni Chiesa locale al processo di discernimento che vede centro e periferia in dialogo fecondo e armonico. Se l’esercizio della sinodalità è il primo dato messo in luce dalla Evangelii gaudium, il secondo è sicuramente il discernimento. La realtà contemporanea si presenta quanto mai molteplice e diversificata: questo dato fenomenologico impone ad ogni Chiesa locale la necessità di «studiare i segni dei tempi», per trovare soluzioni pastorali adeguate, scegliendo le mozioni dello spirito buono e respingendo quelle dello spirito cattivo (cfr. EG, 51). In tale processo, non è secondario l’apporto dei fedeli, poiché «come parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio» (EG, 119). «Ĕ la comunità il soggetto chiamato a fare discernimento» e quindi ogni «cristiano attraversa e rinnova il tempo che vive nella misura in cui cresce la consapevolezza del suo essere discepolo missionario e, solo così potrà aiutare il popolo di Dio e le istituzioni che sono a suo servizio, a porsi in modo maturo, attivo e responsabile, nella complessità di questa nostra epoca»[1]. L’ecumenismo è anch’essa un’attività che richiede un continuo discernimento spirituale, teologico e pastorale e il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che abbiamo il dovere di riconoscere i segni dei tempi e quindi la capacità di riconoscere i doni del Signore pure «nelle altre comunità cristiane, accogliendoli come un dono anche per noi stessi”. Come afferma il Vaticano II, esiste una “gerarchia” delle verità della dottrina cattolica (cfr. UR, 11), che non attribuisce la medesima importanza, in modo indistinto, alle varie verità di fede, il cui senso è attinto dal rapporto che hanno con il centro del Vangelo. La prassi del discernimento, inoltre, è presente in tutte le tradizioni cristiane, sia in quella protestante: «Il discepolo è chiamato a discernere, nella responsabilità, la parola esigente che Dio gli rivolge, qui ed ora. […] Entrando, mediante tale azione, nelle contraddizioni della realtà, come Cristo vi è entrato, il discepolo affronta il rischio del discernimento: il comandamento di Dio dev'essere cercato, non può essere sempre e solo constatato, e tale ricerca può essere soggetta ad errori»[2] con l'accentuazione del carattere vincolante ma concreto del comandamento di Dio, sia in quella ortodossa con l'ampia applicazione dell'oikonomia alle norme morali delle tradizione, così da far loro raggiungere lo scopo di salvaguardare il bene delle anime, sia in quella cattolica come bene evidenzia anche l’Amoris laetitia[3]. Il prossimo Mercoledì 3 aprile 2019 alle ore 19.00 ti proponiamo un approfondimento del tema attraverso la Lettera pastorale di Mons. Donato Negro Arcivescovo di Otranto «Cade il velo di separazione. Prassi spirituale del discernimento comunitario».
Il programma: Saluto di don Pietro Mele Direttore Ufficio ecumenico diocesano Relatore Don Giuseppe Mengoli Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Otranto. Sala Mons. Pollio Chiesa di San Biagio Galatina. [1] D. Negro, Cade il velo di separazione. Prassi spirituale del discernimento comunitario, Lettera pastorale, Ed. Salentina, Otranto 2018 pp. 13-14. [2] F. Ferrario, Il futuro della Riforma, Claudiana, Torino, 2016, 154s [3] Cfr Il posto del discernimento in “Amoris Laetitia”, in Spadaro – Cameli, La sfida del discernimento in «Amoris Laetitia», in La civiltà cattolica 3985 (2016), 3-5.
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